Le giuste cure per l’apparato cardiovascolare esistono ma in Italia non sono ancora diffuse per tutte le fasce d’età. È quanto emerso dal Congresso Internazionale di Cardiologia Geriatrica tenutosi a Roma e organizzato dal Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Firenze, da UniCamillus – Università Medica Internazionale di Roma – e dalla Fondazione Internazionale Menarini, con il patrocinio della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe).
Le patologie che colpiscono il cuore “riguardano il 60% degli over 65, con un picco dell’80% negli ultra 85enni”, spiega il Cardiologo Alessandro Boccanelli, Professore di Moral Philosophy in UniCamillus, il quale specifica che “con l’aumento dell’età le prescrizioni di farmaci e i controlli si riducono notevolmente”.
Negli over 85 si registra, difatti, un sottotrattamento fino al 40% dei casi, mentre al di sotto dei 70 anni i pazienti non trattati adeguatamente risultano essere il 15%.
Al giorno d’oggi sembra che non sia “conveniente”, come sottolinea durante il convegno Niccolò Marchionni, Vicepresidente SICGe, da un punto di vista clinico ed economico, curare appropriatamente un paziente di età avanzata rispetto ad un degente più giovane. Questo perché la maggior parte degli anziani sono soggetti alla cura di svariati operatori sanitari e, di conseguenza, devono passare spesso da un contesto terapeutico all’altro.
Pertanto, la continuità di cura inizia ad essere una vera e propria preoccupazione per una grande parte di popolazione che continua a non ricevere i trattamenti specifici per le loro malattie cardiovascolari. Così facendo però, si viene a creare un grave circolo vizioso senza fine.
“I pazienti curati male – conclude Boccanelli – vengono ricoverati più spesso degli altri per cui, a lungo andare, spendiamo tantissimo per rimediare a terapie e diagnosi inadeguate”.