Basta una dose di Vaxevria – il farmaco di AstraZeneca – o di Comirnaty – il preparato di Pfizer – BioNTech – a ridurre l’infezione da coronavirus di circa il 66% e a proteggere la popolazione più anziana e vulnerabile tanto quanto le persone più giovani e sane.
A rivelarlo uno studio condotto dall’Università di Oxford e dall’Office for National Statistics britannico, su un campione di 350mila persone tra Dicembre 2020 e Aprile 2021.
Entrambi i farmaci si sono dimostrati maggiormente efficaci contro le infezioni sintomatiche, -72%, rispetto a quelle asintomatiche, -57%.
Il richiamo del vaccino Pfizer, i cui effetti sono meglio stimabili visto che si tratta del primo farmaco approvato e lanciato sul mercato, conferma l’aumento di protezione dal virus, con una riduzione del 90% delle infezioni sintomatiche e del 70% di quelle asintomatiche.
Secondo i ricercatori dell’Università britannica questi risultati, diffusi oggi in versione preprint e anticipati dalle colonne del Guardian, supportano la decisione del Regno Unito di dare priorità alla somministrazione di una prima dose di vaccino alle persone anziane e più vulnerabili, ritardando i richiami.
Un ulteriore lavoro del team, riportato in un secondo preprint anch’esso anticipato dalla stampa britannica, ha analizzato le risposte anticorpali ai vaccini. Gli anticorpi sono aumentati più velocemente e con un titolo maggiore con una seconda dose di vaccino Pfizer, ma poi sono andati a diminuire per attestarsi ai livelli raggiunti con il vaccino di AstraZeneca. Sebbene le risposte immunitarie differissero, il dottor David Eyre del Big Data Institute di Oxford ha affermato “che una forte risposta anticorpale è stata raggiunta nel 95% delle persone”.
In Italia, intanto, l’Aifa ha pubblicato il terzo Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini COVID-19, contenente i dati raccolti e analizzati in merito alle segnalazioni di sospetta reazione avversa registrate per i tre vaccini in uso nella campagna vaccinale in corso.
Nel periodo Dicembre 2020 – Marzo 2021 sono pervenute “46.237 segnalazioni su un totale di 9.068.349 dosi somministrate” si legge nel rapporto dell’Agenzia del Farmaco Italiana “di cui il 92,7% sono riferite a eventi non gravi, che si risolvono completamente, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari”.
Le segnalazioni gravi invece “corrispondono al 7,1% del totale, con un tasso di 36 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, indipendentemente dal tipo di vaccino, dalla dose (prima o seconda) e dal possibile ruolo causale della vaccinazione”.
“La maggior parte delle segnalazioni – si legge nel testo – sono relative al vaccino Comirnaty (81%), finora il più utilizzato nella campagna vaccinale (77% delle dosi somministrate), con un aumento delle segnalazioni per il vaccino Vaxzevria (17%) a seguito dell’incremento dell’uso di questo vaccino (18% delle dosi somministrate). Le segnalazioni relative al vaccino Moderna rappresentano invece il 2% del totale e sono proporzionali al numero più limitato di dosi somministrate (5%)”.
Per tutti i vaccini gli eventi avversi maggiormente segnalati restano “febbre, cefalea, dolori muscolari/articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea”, in linea con le informazioni note sui vaccini finora utilizzati in Italia e in conformità con le schede prodotto già in possesso degli enti di farmacovigilanza.
Sempre Aifa dedica un focus agli eventi tromboembolici dopo la somministrazione di Vaxzevria: si sono verificati “entro 2 settimane dalla vaccinazione” con “casi molto rari di trombi associati a bassi livelli di piastrine nel sangue”. Si parla, globalmente, di 62 casi inseriti in Eudravigilance, 7 eventi in Italia, con due decessi di sono attribuibili a trombosi dei seni venosi intracranici (CSVT) fino al 22 marzo 2021. Quattro casi, invece, con due decessi, hanno invece riguardato trombosi di più vasi sanguigni in sede atipica “sui 24 inseriti nello stesso periodo nella rete di sorveglianza europea”.
Riflettori accesi anche sul preparato di Janssen, dopo lo stop precauzionale chiesto negli USA dalla FDA. Il Comitato per la Sicurezza dell’EMA (PRAC), nella riunione del 20 aprile scorso, ha concluso che alle informazioni sul prodotto per il vaccino COVID-19 Janssen deve essere aggiunta “un’avvertenza inerente trombi inusuali associati a livelli bassi di piastrine. Il PRAC ha anche concluso che questi eventi dovrebbero essere elencati tra gli effetti indesiderati molto rari del vaccino”. Come nei casi riferiti alla somministrazione di AstraZeneca, anche con questo preparato sono stati osservati trombi “principalmente in siti inusuali, come le vene del cervello (trombosi del seno venoso cerebrale – CVST) e dell’addome (trombosi venosa splancnica) e nelle arterie, insieme a bassi livelli di piastrine nel sangue e talvolta a sanguinamento”.
Per l’ente di controllo europeo, tuttavia, resta confermato “che il rapporto beneficio-rischio complessivo rimane positivo”