Li abbiamo visti in prima linea, costantemente al lavoro a prescindere dalla condizione di stress o fatica. Le immagini dei visi segnate dai dispositivi di protezione individuale, occhi arrossati dopo ore di occhiali, schermi protettivi, caldo; crollati per la stanchezza su tastiere di computer con ancora addosso le tute in Tyvek, i copricapi, i guanti in nitrile.
L’immagine e la percezione professionale dell’infermiere, in continua evoluzione, ha subito un’ulteriore modifica con la pandemia: Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che aveva già definito questi professionisti come “la spina dorsale del sistema sanitario”, in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere 2021 ha scritto su Twitter “gli infermieri sono stati il fulcro della risposta al Covid19, fornendo cure salvavita e, in molto casi strazianti, sono presenti negli ultimi momenti della vita di una persona. Agli infermieri di tutto il mondo, grazie per il vostro instancabile impegno”.
Sono 450mila gli infermieri in Italia celebrati lo scorso 12 maggio da politica e istituzioni, nell’anniversario della nascita di Florence Nothingale fondatrice delle scienze infermieristiche moderne.
Visti come eroi, ma alle volte percepiti anche come untori, a più di un anno dall’inizio dell’emergenza COVID si registra quasi un contagiato da coronavirus su tre tra i professionisti sanitari.
Un “grazie ai nostri infermieri per il coraggio la passione e l’altruismo con cui stanno difendendo la Nazione” arriva dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati. Le fa eco il ministro della Salute, Roberto Speranza, che auspica la costruzione di “un Servizio sanitario nazionale migliore” centrato sulla ”figura dell’infermiere, ovvero di chi ogni giorno si prende cura delle persone”.
Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up, ricorda come siano “oltre 100mila gli infermieri infettati dall’inizio della pandemia a oggi e 83 quelli che non ce l’hanno fatta” di fronte a “un nemico contro cui avremmo potuto e dovuto combattere con armi ben diverse”.
Per De Palma questa professione “deve essere considerata come il perno di un rinnovamento della sanità che deve partire dal rafforzamento della sanità territoriale”.
La Fnopi, Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, invece denuncia la mancanza, in Italia, di circa 60mila professionisti, denuncia la che in occasione del congresso lancia lo sloga e chiede al Governo di attivarsi al fine di incrementare gli organici carenti.
A tal riguardo, la vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera In Italia Michela Rostan, spiega che nel nostro Paese “abbiamo 5,8 infermieri per ogni mille abitanti. La media dei Paesi dell’Ocse è 8,8”.
Una carenza di organico causata dal blocco dei turnover, dal vincolo di esclusività, da nuove opportunità professionali – come la figura dell’infermiere di famiglia – che si stanno avviando con molte difficoltà nelle regioni.
Si tratta di “modelli obsoleti di rapporti interprofessionali”, secondo la presidente di Fnopi Barbara Mangiacavalli, che andrebbero abbandonati, cosi come andrebbero abbattute “le disuguaglianze contrattuali e di posizione e economiche, che oggi caratterizzano le professioni sanitarie”.
Per il segretario del Nursind, Andrea Bottega, è urgente “tutelare e valorizzare la categoria”, che sarebbe “l’unico modo per disegnare la sanità del domani”.
Un futuro professionale che dovrebbe essere ridisegnato non solo eliminando i distinguo di ruolo tra medico e infermiere, identificando entrambe le figure allo stesso livello e che concorrono a diverso titolo alla tutela della salute dei pazienti, ma anche restituendo la dovuta dignità all’intera categoria.