Ne abbiamo parlato con Costanza Montagna, ricercatrice UniCamillus che è rientrata in Italia nel 2021
La ricerca è un percorso di carriera stimolato principalmente dalla passione, dalla curiosità, dal movimento di idee e non solo. Un connubio tra ciò che è stato fatto allo stato dell’arte, e ciò che ancora dev’essere realizzato ma che prende vita nella testa e negli obiettivi degli studiosi. Cosa si prova a decidere di dedicare la propria vita alla ricerca, magari anche lasciando il proprio Paese d’origine? E cosa si prova a ritornare? Cosa offre l’Italia in termini di ricerca?
L’abbiamo chiesto a Costanza Montagna, ricercatrice presso l’Università UniCamillus, laureata in Biologia Cellulare e Molecolare. Dopo un percorso di dottorato iniziato in Italia e proseguito in Danimarca, dal 2021 è rientrata nella terra natia. Ma con UniCamillus collaborava già dal 2018, come lei stessa ci confida.
Come mai ha scelto proprio la Danimarca per il dottorato e post-dottorato?
«Ho scelto la Danimarca per un’opportunità che non potevo lasciarmi sfuggire. Durante il mio dottorato presso l’Università di Roma Tor Vergata , il mio mentore ha avuto l’opportunità di trasferirsi e fondare una nuova unità presso il Danish Cancer Institute (DCI) a Copenaghen. Ho accettato con entusiasmo la proposta e nel 2014 mi sono trasferita. È stata una scelta che mi ha portato grandi soddisfazioni, sia accademiche che personali. Infatti la Danimarca è un Paese all’avanguardia nel campo della ricerca scientifica così come nei diritti civili e in quello che viene chiamato “work-life balance”. In questo lungo periodo danese ho avuto due figli, senza mai sentir minacciata la mia carriera.»
Cosa ha trovato di stimolante e gratificante nel lavorare all’estero? E quali sono state, invece, le sfide?
«Nel primo periodo a Copenaghen ho concluso gli studi della mia tesi nei laboratori di Biologia Cellulare del prestigioso DCI. I danesi sono persone gentili e disponibili, ma hanno abitudini culturali e sociali molto diverse dalle nostre. I primi tempi sono dunque stati complicati, ma l’entusiasmo di poter lavorare in un centro di ricerca all’avanguardia con la migliore tecnologia disponibile mi ha spinto ad andare avanti senza guardarmi indietro. Inoltre la realtà scientifica danese è altamente internazionale, facendo sentire noi numerosi expats un pochino più a casa. Successivamente, mi sono spostata come post-doc all’Istituto di Medicina dello Sport di Copenaghen (ISMC, DK, primo Istituto di Scienze dello Sport secondo la classifica di Shanghai 2020). Questo periodo (2017-2021) è stato molto formativo per la mia indipendenza scientifica poiché ho guidato la parte di biologia cellulare in un laboratorio sportivo.»
Quali sono state le differenze significative tra lavorare in Italia e all’estero nel suo campo di ricerca?
«Lavorare a Copenaghen è stata un’esperienza molto gratificante e formativa. La Danimarca sta vivendo un vero e proprio Rinascimento scientifico e culturale. La ricerca scientifica si basa sulle tecnologie d’avanguardia e i centri di ricerca sono continuamente aggiornati. In Italia purtroppo i finanziamenti alla ricerca sono scarsi. In numeri, il finanziamento alla ricerca e sviluppo rappresenta in Danimarca il 2,89% del PIL, contro l’ 1,33% in Italia (2,24% in media nei 27 paesi dell’Unione Europea, Dati Eurostat 2022). Nel 2020 la Fondazione Umberto Veronesi, di cui sono stata ricercatrice per diversi anni, ha lanciato un appello al governo per allineare i finanziamenti italiani a quelli europei ma purtroppo ad oggi siamo ancora rimasti indietro. Inoltre gli stipendi sono inadeguati, limitando così la creazione di una rete internazionale di eccellenze.»
Cosa l’ha motivata a tornare in Italia?
«Sebbene la carriera scientifica procedesse con successo, ho sentito la necessità di tornare in Italia, alla ricerca di un maggiore senso di appartenenza e familiarità con il contesto culturale. Inoltre il più grande dei miei figli avrebbe di li a poco iniziato il percorso di scuola primaria, e questo momento mi ha spinto molto a non aspettare altro tempo. Nel 2021, ho deciso di tornare in Italia e la Fondazione Veronesi mi ha permesso di fare il primo passo, premiandomi della Post-doctoral Fellowship Award per tre anni consecutivi. In questo periodo ho lavorato come senior post-doc all’Università di Tor Vergata alla ricerca di nuovi meccanismi molecolari utili alla terapia del rabdomiosarcoma.»
Com’è arrivata ad UniCamillus? E quali sono le sue principali responsabilità qui?
«Nel 2023, sono entrata con una posizione di Ricercatrice di tipo B (RTB) ad UniCamillus, Ateneo con il quale collaboravo da anni. UniCamillus è un ateneo internazionale e questa caratteristica mi permette di respirare l’aria di Copenaghen. Ho collaborato con UniCamillus dal 2018, anno di sua fondazione. La didattica mi regala molte soddisfazioni, e mi piace essere in contatto quotidiano con persone giovani e di altri Paesi. Mi sembra di affacciarmi ad un mondo più vasto. Oltre alla didattica, mia grande passione, mi occupo della direzione del corso di laurea magistrale in Scienza della Nutrizione Umana. Sono quindi spesso indaffarata a cercare di offrire ai nostri studenti aggiornamenti e seminari che possano fare la differenza nel mondo del lavoro, ma anche seminare le basi per una possibile loro futura ricerca scientifica.»
Quali sono i progetti di ricerca in corso o futuri ai quali sta contribuendo o intenderebbe contribuire?
«La mia esperienza nella biologia del cancro e nella biologia del tessuto muscolare mi hanno spinta a studiare il rabdomiosarcoma, un tumore pediatrico, che origina da cellule muscolari, purtroppo tuttora ancora con una difficile prognosi. Studiare i meccanismi molecolari alla base della tumorigenesi è il mio principale interesse.»
Come valuta il supporto fornito da UniCamillus per lo sviluppo della carriera accademica e professionale dei suoi membri di facoltà e ricercatori?
«UniCamillus è un ateneo giovane, che investe sui giovani. Questa attitudine ha permesso la creazione di un forte network di ricercatori di discipline diverse, che è unico nel panorama scientifico e sono certa porterà a grandi collaborazioni e soddisfazioni scientifiche.
I laboratori scientifici si stanno arricchendo attualmente di una buona tecnologia, che ci permetterà di essere un polo scientifico nel prossimo futuro.»
Quali consigli darebbe ai giovani ricercatori che stanno considerando l’opportunità di lavorare all’estero? E a quelli che vorrebbero tornare in Italia?
«Consiglierei a chiunque di passare un periodo all’estero. È un’esperienza che arricchisce e apre la mente. Per alcuni è faticoso, per altri è naturale ma ne vale sempre la pena.
Tornare in Italia può sembrare molto difficile e tortuoso, e talvolta lo è. Eppure, una volta superato questo primo ostacolo, può dare grandi soddisfazioni e farci sentire veramente la forza di un cambiamento che tutti auspichiamo per il nostro Paese.»
Se anche tu vuoi intraprendere la carriera universitaria o se sei all’estero e stai pensando di rientrare in Italia, ti ricordiamo che sono aperti in questo periodo i bandi UniCamillus per docenti e ricercatori a tempo determinato. I concorsi scadono nei giorni fra il 2 e il 16 maggio 2024, a seconda dei bandi e dei settori concorsuali. Ti aspettiamo!