In Italia, il “soffitto di cristallo” continua ad ostacolare la piena parità di genere nelle carriere professionali e accademiche. E lo scenario, ahinoi, non è nuovo: nonostante le donne rappresentino la maggioranza nei percorsi formativi universitari, trovano difficoltà a raggiungere i livelli più alti delle gerarchie lavorative e accademiche.
Insomma, partire motivate per arrivare seconde (se non terze!) di default: è questa la triste sorte che, secondo le statistiche, attende al varco le donne nel mondo lavorativo.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia di valutazione Anvur (2023), le donne costituiscono il 55% delle matricole e il 66,9% dei laureati magistrali a ciclo unico, ma la loro presenza scende drasticamente al 27% tra i professori ordinari e al 12,1% tra i rettori .
Il problema non riguarda solo il mondo universitario, ma anche quello del lavoro. Secondo il rapporto OCSE Education at Glance 2024, in Italia, tra coloro che hanno conseguito un’istruzione inferiore alla scuola secondaria superiore, solo il 36% delle donne trova occupazione, a fronte del 72% degli uomini. Divario che scende alle rispettive percentuali di 47% e 72% nella media OCSE (la fascia d’età presa in considerazione è quella tra i 25 e i 34 anni).
Me il gap più evidente è quello retributivo: nel Belpaese, il Gender Pay Gap vede le giovani donne laureate guadagnare il 58% in meno rispetto agli uomini. Forbice che risulta ancora più ingiusta a fronte dei migliori risultati scolastici e universitari raggiunti dal genere femminile.
Calcoli alla mano, secondo l’Osservatorio INPS Lavoratori Dipendenti Privati (dicembre 2023), ogni anno gli uomini guadagnano in media circa 8 mila euro in più rispetto alle donne. Anche perché è difficile che le donne ricoprano posti apicali: l’ultimo “Report Donne” di Manageritalia mostra un aumento delle donne manager in Italia, quasi raddoppiate rispetto a sedici anni fa. Le donne rappresentano oggi il 21,4% dei manager rispetto al 12,2% del 2008. Tuttavia, le donne rappresentano ancora poco più di un quinto dei dirigenti totali, e in alcuni settori come l’istruzione, la loro presenza è drasticamente diminuita (-48%). In miglioramento sì, ma ancora modesto!
E se parliamo di medici? In Italia il personale sanitario è donna al 53%, ma solo il 17% di loro arriva ai vertici.
La strada per arrivare ad una parità lavorativa e retributiva tra i due sessi è molto lunga, almeno stando alle stime del World Economic Forum che, a questi ritmi, preannuncia circa altri 132 anni di mancanza di equità. E, dai dati analizzati, l’Italia non è certo tra i Paesi più evoluti in tal senso.
La forbice, ovviamente, si riversa naturalmente anche sulle pensioni: in Italia gli assegni pensionistici presentano una differenza media di 400 euro al mese, ovviamente a vantaggio degli uomini, con un divario del 30,1% (dati Eurostat, “Gender Pension Gap By Age Group – EU-SILC survey 2024).
Per fortuna, siamo felici di poter dire che siamo un’eccezione significativa in questo panorama: l’Università UniCamillus, l’Ateneo internazionale specializzato nelle scienze mediche e sanitarie, si distingue per il suo approccio inclusivo e controcorrente rispetto alla media nazionale.
Un ambiente inclusivo e attento alle pari opportunità
UniCamillus si impegna concretamente per garantire la parità di genere sia nel personale amministrativo che accademico: i dati dell’ultimo bilancio di genere mostrano una forte presenza femminile sia tra i docenti incardinati che nel personale tecnico-amministrativo.
E, passando dal 2023 al 2024, i numeri parlano chiaro:
- Personale accademico strutturato. UniCamillus ha visto un significativo incremento del personale accademico dei docenti strutturati, che superano i 100 membri, e il numero è in continua crescita. La composizione è prevalentemente femminile: 57% donne e 43% uomini. Sebbene il numero di professori ordinari presenti una leggera maggioranza maschile (57% uomini e 43% donne), il numero di professori associati conta il 51% di donne e il 49% di uomini. La prevalenza femminile si riconferma anche fra i ricercatori a tempo determinato di tipo A (63% donne e 37% uomini), di tipo B (75% donne e 25% uomini) e in tenure-track o RTT (100% donne).
Per quanto riguarda l’ordinariato al maschile, si tratta di una tendenza che sembra essere correlata più che altro all’aspetto generazionale, essendo i professori ordinari quasi tutti over 65: le donne hanno cominciato a perseguire gli obiettivi accademici in epoche più recenti. In ogni caso, la percentuale di professoresse ordinarie in UniCamillus è superiore alla media nazionale (43% contro 27%).
- Personale tecnico-amministrativo. Durante l’ultimo anno c’è stato un importante incremento delle assunzioni, con il 78,9% composto da donne, di cui il 63,2% è under 35: questo dato evidenzia la capacità dell’Ateneo medico di attrarre e mantenere giovani talenti femminili.
- Comunità studentesca. Anche la comunità studentesca è in crescita: nel 2024, UniCamillus conta 3.219 studenti (rispetto ai 2.800 dell’anno precedente), di cui il 64% sono donne (rispetto al 36% di uomini). Questo aumento rappresenta un chiaro segnale di un ambiente accademico che non solo accoglie, ma incoraggia attivamente la presenza femminile.
Verso un modello di pari opportunità
I numeri e le percentuali appena analizzati sono anche frutto di azioni messe a punto dall’Ateneo per favorire la presenza femminile, facilitando soprattutto l’equilibrio vita-lavoro.
Basti pensare alla Baby Card per le neomamme presenti fra studentesse e staff, che consente di saltare la fila al bar e in segreteria, avere la precedenza agli esami e usufruire del Baby Pit Stop, uno spazio fasciatoio per provvedere alla pulizia del piccolo, con una comodissima poltrona per allattare.
E se ‘creiamo ciò che diciamo’, un altro punto chiave è la distribuzione della Guida Pratica per la Promozione del Linguaggio Inclusivo, destinata a tutta la comunità accademica, che prevede suggerimenti per l’utilizzo di un linguaggio più inclusivo.
Il Bilancio di Genere di UniCamillus, redatto ogni autunno, continua a essere uno strumento fondamentale per monitorare e migliorare la situazione interna dell’Ateneo, dimostrando che un ambiente di lavoro inclusivo è possibile. Non si tratta solo di garantire la presenza femminile, ma di creare un contesto dove le donne possano lavorare serenamente, senza dover scegliere tra carriera e vita familiare.