Il tema 2024 del World Health Day recita “My health, my right”. Qual è il ruolo dell’università e dell’educazione? Facciamo il punto con la Prof.ssa Barbara Tavazzi.
Il 7 aprile è una data dedicata in tutto il mondo alla salute. La Giornata Mondiale della Salute, o World Health Day, è stata istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1948, e mira a portare alla luce questioni sanitarie fondamentali a livello globale, come la salute mentale, i danni del cambiamento climatico e il diritto ad avere un accesso inclusivo alle cure.
La salute, dunque, in questa giornata non è considerata solo in termini sanitari, ma anche e soprattutto sociali. Mentre in Italia abbiamo la fortuna di godere di un Servizio Sanitario Nazionale pubblico, in molte zone povere del mondo la salute non è nemmeno considerata un diritto.
Il terzo obiettivo dell’Agenda 2030 è volto a garantire salute e benessere per tutti, riducendo la mortalità infantile, debellando le epidemie e le malattie trasmissibili, favorendo l’accesso alle cure. Molti passi avanti sono stati fatti in questo senso – dal 2010, ad esempio, la mortalità per AIDS si è ridotta del 52%, le malattie tropicali sono state eliminate in 47 Paesi e la soglia di mortalità si è ridotta in ¾ del mondo – ma sono necessari ulteriori investimenti affinché tutti i Paesi e tutte le classi sociali possano godere di un’assistenza sanitaria adeguata: basti pensare che 4,5 miliardi di persone (più della metà della popolazione mondiale) nel 2021 non erano coperte dai servizi sanitari.
Le malattie non sono gli unici pericoli in tal senso: guerre, disastri ambientali e inquinamento producono morte e disabilità. A fronte di ciò, diventa sempre più urgente muoversi in modo tale che tutti i governi comprendano l’importanza di garantire la salute, ma anche di educare i cittadini alla consapevolezza di averne diritto.
Il tema del 2024 della Giornata Mondiale della Salute è “My health, my right”, ossia “La mia salute, un mio diritto”. Diritto di tutti a godere di acqua potabile, aria pulita, alimentazione sufficiente e di qualità, condizioni ambientali e lavorative dignitose.
A tal proposito, non potevamo non ascoltare il parere della Prof.ssa Barbara Tavazzi, Presidentessa del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia di UniCamillus, sia a Roma che a Venezia.
UniCamillus è un ateneo medico dalla forte impronta umanitaria. In che modo, durante i corsi di laurea, gli studenti sono incoraggiati ad essere attivi nel promuovere il tema della salute come diritto umano fondamentale?
«Credo che il nostro Ateneo sia sotto tutti i punti di vista improntato alla valorizzazione della missione umanitaria, sia a livello nazionale che internazionale. Questo aspetto, è evidenziato dal principio che accomuna tutti i nostri corsi di laurea, sia magistrali che triennali, ovvero la diffusione della cultura della salute, della prevenzione e della medicina inclusiva.
Questi concetti sono divulgati fin dai primi corsi nell’ambito di ogni percorso di studio, perché si desidera trasmettere fin da subito agli studenti che è fondamentale considerare
la dignità del paziente e le sue esigenze, che poi consente anche di migliorare la qualità della vita delle comunità locali e internazionali, così come valori etici e di rispetto dei diritti umani e della salute umana.»
Per accedere ad un diritto, è importante essere consapevoli di esserne destinatari. Quanto è importante l’educazione alla consapevolezza dell’importanza della propria salute? UniCamillus in questo come si muove?
«Credo che l’educazione alla consapevolezza di quanto sia importante la propria salute si sposi con l’accezione più ampia utilizzata dalla Costituzione italiana, ossia come pieno sviluppo della persona umana e della propria qualità di vita.
L’educazione alla salute rappresenta il processo attraverso il quale gli individui apprendono ad assumere consapevolmente decisioni utili al mantenimento ed al miglioramento della propria salute. Processo che continua per tutte le tappe della vita, migliorando le abilità per la vita quotidiana.
Tutti noi siamo destinatari del diritto di tutelare la nostra salute, ricordando anche che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea prevede che tutte le politiche e le attività dell’Unione debbano garantire la protezione della salute umana.
L’educazione alla consapevolezza dell’importanza della propria salute deve essere propria di tutte le istituzioni accademiche, a iniziare dalla scuola che possiamo definire il primo luogo dove imparare a stare bene perché i ragazzi sviluppano competenze, conoscenze e abilità da usare consapevolmente e con autonomia di giudizio per la tutela della propria salute e nell’adozione di stili di vita corretti. Questo è stato ben dimostrato durante la recente pandemia del COVID-19.
UniCamillus, come ateneo dedicato alle Scienze Biomediche, adotta come approccio educativo la prevenzione e promozione della salute per incrementare il benessere fisico, mentale e sociale della popolazione e, pertanto, ridurre o impedire il manifestarsi di malattie.
Ovviamente tutto questo fa parte di un trasferimento di conoscenza prima dai docenti agli studenti, e successivamente dai nostri laureati alla comunità. Infatti, il nostro interesse è quello di formare professionisti della salute che siano in grado, con misure e metodi diversi, di influenzare positivamente il comportamento e/o le condizioni di vita della popolazione a cui si rivolgono e di far percepire agli individui, membri di una famiglia, di una collettività, di uno Stato, come i progressi della salute derivano anche dalla loro responsabilità individuale.»
Qual è il ruolo delle istituzioni accademiche e delle organizzazioni sanitarie nel garantire che la salute sia considerata un diritto umano fondamentale?
«Il diritto alla salute costituisce parte integrante dei diritti umani fondamentali internazionalmente riconosciuti: credo che dalla seconda metà degli anni ’40 si sia iniziato a parlare di diritto alla salute come diritto umano, e non solo dato che si era considerato anche il diritto alle cure mediche.
È palese che il diritto alla salute sia rilevante, o che dovrebbe essere tale per tutti gli Stati: ognuno di essi ha ratificato almeno uno strumento internazionale in materia di diritti umani che riconosce tale diritto.
L’università negli ultimi anni ha cercato di cambiare velocemente la prospettiva per affrontare efficacemente i problemi legati alla salute, formando medici e personale sanitario che non solo si fanno promotori della salute e della prevenzione delle malattie, ma che collaborano con tutti gli altri settori della società̀ per sviluppare soluzioni che riducano le diseguaglianze.
A questo si associa l’attività di molte organizzazioni sanitarie nazionali ed internazionali, con le quali però deve essere incrementata la coesione che ha come unico scopo quello di potersi occupare dei determinanti sociali della salute in modo più efficace e più mirato.
Per ottenere come risultato finale il diritto indissolubile alla salute, l’educazione accademica dovrebbe essere molto più armonizzata all’interno del sistema sanitario, dovrà creare alleanze e consorzi con istituzioni del mondo della salute e soprattutto mantenere il passo quanto la sanità e la salute a livello globale-mondiale richiede, grazie anche a nuovi percorsi formativi ed educativi, risorse pedagogiche e innovazioni scientifiche.»