Viene definita una “impresa” chirurgica non scontata, quella che è stata compiuta all’ospedale Sant’Orsola di Bologna: un trapianto di cuore, il primo al mondo, tra un donatore, covid positivo ad un paziente covid negativo. Intervento replicato, poche settimane dopo, al Bambino Gesù di Roma. “Non era scontato quello che è successo”, afferma la direttrice generale del Sant’Orsola di Bologna, Chiara Gibertoni. “Anche questo ospedale rialza la testa dopo anno e mezzo davvero molto impegnativo – spiega Gibertoni – come saranno anche i prossimi mesi. Non ci siamo mai fermati e anche sui trapianti abbiamo lavorato sodo” avendo, per obiettivo, l’idea di estendere “l’attività di trapianto su scenari che fino a oggi erano stati limitati” al fine di “rendere disponibile qualsiasi organo anche affrontando dei rischi aggiuntivi”.Un trapianto, quello effettuato a Bologna, che avrebbe rappresentato l’ultima spiaggia per il ricevente, affetto da cardiomiopatia amiloidotica, patologia che gli avrebbe lasciato ancora pochi giorni di vita. A fronte della gravità delle condizioni del ricevente e delle condizioni “eccellenti” del cuore del donatore, l’equipe di chirurghi cardiotoracici hanno chiesto una deroga al Centro Nazionale Trapianti. “Ammetto che ero un po’ timorosa di proporre la possibilità di fare un trapianto con un donatore di questo tipo”, racconta la cardiochirurga che ha effettuato l’intervento, Sofia Martin-Suarez. Il paziente stesso “era molto spaventato” più per la possibilità di essere contagiato dal Covid che per il trapianto. Tuttavia il virus del donatore, negativizzato ai test ma senza che fossero trascorsi tutti i 15 giorni di controllo, rappresentava “un rischio contenuto e che comunque saremmo stati pronti a gestire”.A Roma, invece, è stata l’equipe cardiotoracica pediatrica del Bambino Gesù ad effettuare il medesimo tipo di intervento. “In campo pediatrico – spiega il professor Antonio Amodeo, responsabile della struttura complessa di scompenso, trapianto e assistenza meccanica cardio-respiratoria dell’Ospedale – trovare un cuore compatibile per un trapianto è più difficile che negli adulti. Nell’ultimo anno poi, a causa della pandemia e delle restrizioni adottate per contrastarla, queste difficoltà sono ulteriormente aumentate. Individuare un cuore compatibile per un trapianto è spesso un’occasione più unica che rara. Per questo abbiamo fatto il possibile affinché il ragazzo in lista d’attesa potesse ottenere l’organo che stava aspettando. Una scelta che può fare la differenza tra la vita e la morte”.L’intervento, autorizzato anche in questo caso da CNT e AIFA, ha previsto, oltre ai protocolli farmacologici standard, anche la somministrazione di anticorpi monoclonali al ricevente 15enne. Questo allo scopo di eliminare il rischio di sviluppare il Covid-19.