Cinque porzioni di cioccolato a settimana aiutano a prevenire il diabete: lo dice uno studio, ma occhio alla qualità!

Ne parliamo con Loreto Nemi, Nutrizionista e Docente presso l’Università UniCamillus

Durante le feste natalizie, si sa, tutto abbonda, soprattutto i dolci. Uno degli ingredienti più gettonati per la preparazione di torroni e panettoni è il cioccolato, sia che si tratti di elemento aggiunto in una ricetta, sia da sola in una tazza calda comodamente sorseggiata sul divano durante il relax delle feste, o sotto forma di cioccolatini che animano tutte le case in questo periodo. Ma se, oltre ad essere buono, il cioccolato facesse anche bene?

Un recente studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato sul British Medical Journal suggerisce che un consumo regolare di cioccolato fondente potrebbe ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
I risultati di questa ricerca, condotta dalla Harvard TH Chan School of Public Health, offrono una nuova prospettiva su come questa delizia possa inserirsi in uno stile di vita sano.

Lo studio si è concentrato sull’effetto dei flavonoli, composti naturali presenti nel cacao, noti per i loro benefici per la salute cardiovascolare e il metabolismo. Nonostante le prove esistenti sull’efficacia dei flavonoli, i precedenti studi non avevano distinto adeguatamente tra cioccolato fondente e cioccolato al latte, due varianti che differiscono significativamente per contenuto di cacao, zuccheri e grassi. In questo studio, invece, i ricercatori hanno analizzato dati provenienti da tre studi longitudinali su larga scala che coinvolgevano un totale di 192.208 partecipanti, monitorati per un periodo medio di 25 anni.

Tra i partecipanti, tutti privi di diabete, malattie cardiache o cancro al momento dell’arruolamento, circa 18.862 persone hanno sviluppato il diabete di tipo 2 durante il periodo di osservazione. I risultati hanno mostrato che coloro che consumavano almeno cinque porzioni di cioccolato a settimana, indipendentemente dal tipo, avevano un rischio ridotto del 10% di sviluppare il diabete rispetto a chi ne consumava raramente.

Tuttavia, l’analisi più dettagliata ha rivelato un dato ancora più interessante: il consumo di cioccolato fondente, rispetto a quello al latte, era associato a una riduzione del rischio del 21%. Inoltre, ogni porzione aggiuntiva di cioccolato fondente consumata settimanalmente corrispondeva a una riduzione ulteriore del 3% del rischio di diabete, dimostrando un chiaro effetto dose-risposta.

D’altro canto, il consumo di cioccolato al latte non ha mostrato benefici significativi e, anzi, è stato associato a un incremento del peso corporeo nel lungo termine.
Sebbene entrambi i tipi di cioccolato abbiano un contenuto energetico simile, i flavonoidi presenti nel cioccolato fondente sembrano compensare gli effetti negativi dei grassi e degli zuccheri, contribuendo a ridurre il rischio di malattie cardiometaboliche.
In un contesto globale in cui si stima che i casi di diabete di tipo 2 raggiungeranno i 700 milioni entro il 2045, questi risultati offrono una prospettiva promettente per l’impiego del cioccolato fondente come parte di strategie alimentari volte alla prevenzione di questa patologia.

Ma quanta cioccolata possiamo mangiare, e di che tipo? Ne abbiamo parlato con il Prof. Loreto Nemi, Nutrizionista e Docente presso l’Università UniCamillus.

Il consumo regolare di cioccolato fondente può essere integrato in una dieta equilibrata?

«Può essere tranquillamente inserito considerando due aspetti: la quantità e la qualità. In merito alla quantità, occorre comunque moderazione, perché si tratta di un alimento densamente calorico: se se ne consuma in quantità eccessivo, si ottiene un surplus calorico considerevole, e tutti gli eccessi fanno male. Se consumato con moderazione e facendo attenzione alla sua qualità, invece, può far bene: infatti il cioccolato fondente contiene numerosi antiossidanti dal potere antinfiammatorio, che favoriscono la salute cardiovascolare. Una quantità consigliata si aggira sui 20 g al giorno, magari da inserire negli spuntini.»

Nello studio riportato, il cioccolato al latte è stato associato a un aumento di peso: esiste una differenza così marcata rispetto al fondente?

«Il cioccolato al latte contiene maggiori quantità di zuccheri e di grassi saturi perché è presente meno cacao: questo influisce sulla risposta glicemica e insulinica nel sangue. Inoltre, la minore quantità di cacao si traduce in una perdita di composti antiossidanti. Facendo un esempio pratico, in 100 g di cioccolato al latte troviamo 50 g di zuccheri, mentre nella stessa quantità di cioccolata fondente ne troviamo 25-30 g: quindi, se assumiamo la quantità giornaliera consigliata di 20 g di cioccolata fondente, introdurremo una quantità davvero minima di zuccheri, pari a 3-5 g.

Inoltre, nel cioccolato fondente troviamo una maggiore ricchezza di micronutrienti: pensiamo al magnesio, al ferro, alla vitamina A, a molecole antiossidanti come i polifenoli, e ai flavonoidi come l’epitechina e le catechine».

Quali caratteristiche dovrebbe avere un buon cioccolato fondente per garantire tutti questi benefici?

«È importante leggere l’etichetta nutrizionale: la quantità di cacao dev’essere almeno del 70%, questo per garantire sia un elevato contenuto di antiossidanti, sia un basso livello di zuccheri. Inoltre, non devono esserci additivi, aromi artificiali né oli idrogenati: gli ingredienti devono essere pochi e semplici, ossia polvere di cacao, burro di cacao e zucchero».

Oltre al diabete, il cioccolato fondente potrebbe avere effetti preventivi anche su altre patologie metaboliche o cardiovascolari?

«Certo, e questo è collegato sempre alla presenza nel cacao dei flavonoidi, che possono aiutare a ridurre la pressione arteriosa, migliorare il profilo lipidico, aumentare il colesterolo buono HDL e ridurre quello cattivo LDL, potenziare la funzione endoteliale. Inoltre, grazie all’azione antinfiammatoria e antiossidante, il cioccolato fondente può migliorare la sensibilità all’insulina e ha un effetto positivo sullo stress ossidativo, in quanto i polifenoli contrastano la produzione di radicali liberi. Non dimentichiamo, ancora, che il cacao contiene il triptofano, un aminoacido che aumenta la produzione di serotonina e può quindi avere un effetto calmante e antidepressivo: tutte queste caratteristiche rendono il cioccolato un cibo pienamente funzionale».

Si può mangiare cioccolata se si è già affetti da diabete di tipo 2?

«Sì può, ma facendo ancora più attenzione a quantità e qualità. In questo caso la quantità massima è di 20 g al giorno, scegliendo del cioccolato fondente che abbia una presenza di cacao di almeno 80-85%. Questo sempre perché più è alta la quantità di cacao minore è l’impatto degli zuccheri. Per quanto riguarda il consumo, è preferibile assumerlo durante gli spuntini e non nei pasti principali, per non esagerare con il carico glicemico. È chiaro che, in caso di diabete, è sempre importante monitorare la risposta glicemica individuale.»