La pandemia di Covid-19 è ufficialmente finita. Lo ha annunciato la scorsa settimana l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per voce del Direttore Generale Tedros Ghebreyesus, lo stesso che il 30 gennaio 2020 ne aveva di fatto ufficializzato l’inizio. “Il Comitato Oms ha raccomandato la fine dello stato di emergenza ed io ho accettato l’indicazione” ha dichiarato Ghebreyesus venerdì in conferenza stampa a Ginevra – “È con grande speranza che ora io dichiaro la fine del Covid-19 come emergenza sanitaria globale”.
Dall’OMS però ci tengono a sottolineare anche che “questo non significa che il Covid sia finito, in termini di minaccia alla salute globale. Persiste ancora infatti il rischio di nuove varianti emergenti, che possono causare altre ondate di casi e morti”.
Vietato quindi abbassare la guardia. Fino a oggi 800milioni di persone sono state colpite dal virus e dalle sue varianti. 7 milioni non sono sopravvissuti, ma la stima dei morti è con tutta probabilità al ribasso, per stessa ammissione delle autorità sanitarie mondiali. In Italia, secondo i dati ufficiali, si sono contati oltre 24 milioni di contagi, con 190mila vittime accertate. Tutt’oggi il virus sta mutando e colpendo nuove persone e in molti ancora lottano in terapia intensiva. Per tale ragione, sempre l’OMS in questi giorni ha rilanciato un monito a tutti i paesi: “La cosa peggiore che gli Stati possano fare in questo momento è smantellare il sistema che hanno costruito e lanciare alla gente il messaggio che il Covid non è più qualcosa di cui preoccuparsi”.
L’impatto di una nuova crisi pandemica sarebbe devastante, non solo per le perdite umane, ma anche per gli sconvolgimenti sociali che comporterebbe. Al livello economico questo triennio è costato migliaia di miliardi di Pil globale, gettando nella miseria un numero indecifrato di persone. “Non ripeteremo gli stessi errori” ha dichiarato ancora Ghebreyesus, ammettendo implicitamente le colpe dell’organizzazione che rappresenta e, di fatto, anche dell’intera comunità internazionale. Grande è il rammarico, dopo oltre 1200 giorni di lotta contro la malattia, nel riconoscere ciò che non ha funzionato e che ha contribuito ad aggravare l’emergenza, invece di aiutare a risolverla: “Ci impegniamo verso le generazioni future a non tornare indietro al vecchio schema di panico e trascuratezza che ha lasciato il mondo vulnerabile, ma andremo avanti con un impegno comune a fare fronte a minacce comuni con una risposta comune”.
La decisione di porre fine allo stato di emergenza è sostenuta dai numeri. Da un anno la pandemia registra una tendenza al ribasso. I sistemi sanitari non sono più sotto stress come negli ultimi tre anni. Grazie ai vaccini e ai nuovi farmaci, ci sono meno contagi e meno morti, per questo ormai si può parlare di malattia endemica, cioè presente stabilmente sul territorio. E anche il piano pandemico globale è stato aggiornato, per avere uno strumento più adeguato in futuro con cui affrontare nuove minacce simili.
Positive le reazioni delle istituzioni internazionali. In particolare, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha accolto così la notizia: “Questa pandemia ha avuto un pesante tributo sulle persone, sulla nostra società e sulla nostra economia. Ma l’abbiamo superata con successo grazie a un’azione determinata a livello globale, dell’UE e degli Stati membri, e grazie alla resilienza e alla solidarietà dei nostri cittadini”. La stessa von der Leyen ha anche voluto esprimere tutta la sua soddisfazione per come l’Unione ha saputo cogliere da questa esperienza tragica l’occasione per cementare ancora di più i legami tra gli Stati membri: “Abbiamo imparato che la forza dell’Unione Europea risiede nella sua unità, anche di fronte a gravi crisi sanitarie. La solidarietà europea, nella condivisione delle forniture mediche, nel trattamento dei pazienti o nell’aiuto al rimpatrio dei cittadini e nella ricostruzione delle nostre economie, ci ha aiutato a proteggere insieme i nostri cittadini e a superare le fasi più difficili della pandemia. Questa pandemia ha cambiato il volto dell’Ue, che è diventata una vera e propria Unione sanitaria europea”.