Quarantamila malati, ogni anno, partecipando a studi clinici, possono ricevere trattamenti innovativi con grande anticipo rispetto alla futura disponibilità universale. Per due su tre si tratta di pazienti oncologici o con patologie ematiche o cardiovascolari.
Nove anni fa, l’Unione Europea ha varato un nuovo regolamento per queste sperimentazioni. E l’Italia solo quattro giorni fa, il 30 gennaio, si è adeguata grazie al ministro della Salute Orazio Schillaci che ha firmato i decreti attuativi mancanti.
A rischio c’erano i pazienti e i ricercatori che, senza questa firma, sarebbero rimasti fuori dal treno europeo.
Non a caso, dopo gli allarmi lanciati negli scorsi anni, subito dopo la firma dei decreti è arrivato il ringraziamento di Francesco Cognetti, luminare di oncologia e presidente della Federazione degli Oncologi, Cardiologi ed Ematologi (Foce): “Ringraziamo il Ministro Schillaci per aver accolto l’appello dei clinici. La comunità scientifica plaude alla piena implementazione nel nostro ordinamento del Regolamento Europeo, che consentirà alla ricerca italiana di restare ai vertici nel mondo. Nel 2019, nel nostro Paese, sono state autorizzate 672 sperimentazioni, 516 profit e 156 no profit: i due terzi interessano complessivamente proprio le neoplasie, le malattie ematologiche e cardiovascolari, che tra l’altro producono i due terzi della mortalità annuale”.
Il Clinical Trial Information System (CTIS), il portale unico continentale per le sperimentazioni, era stato istituito con il Regolamento europeo 536 del 2014 che sanciva regole uniformi per armonizzare il processo di valutazione e autorizzazione di uno studio clinico condotto in più Stati membri.
Mentre prima ogni Paese era a sé, con dispendio di tempo ed energie e inevitabili lungaggini burocratiche, con l’entrata in vigore del decreto, il CTIS diventa il punto di accesso unico per la presentazione, l’autorizzazione e la supervisione delle domande di sperimentazione clinica nell’Unione Europea.