“La sanità italiana è gravemente malata. Eppure, nonostante l’enorme sforzo sostenuto dal sistema sanitario durante la pandemia, non si parla più di sanità, ospedali, salute né nei programmi dei partiti né nei talk show”.
La denuncia – riportata da Il Messaggero – arriva da Francesco Cognetti, docente di UniCamillus, oncologo illustre e coordinatore del Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani (FoSSC).
Spiega Cognetti: “I medici specialisti ospedalieri sono circa 130mila, 60mila in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. L’emorragia dei camici bianchi riguarda anche i medici di medicina generale: sono pochi, circa 40.700, ma ogni anno 3000 vanno in pensione ed è previsto che, a breve, l’esodo sarà ancora maggiore. Non solo. In Italia operano oggi circa 13.000 pediatri, ma in tutto il Paese si registrano carenze anche per la rigida distinzione tra le attività territoriali ed ospedaliere e la mancanza di una adeguata interazione e integrazione tra loro. La disponibilità di letti per numero di abitanti colloca l’Italia al ventiduesimo posto in Europa e la capacità di utilizzarli è del tutto insufficiente – denuncia ancora Cognetti – Gli ospedali sono stati accorpati, i reparti e i servizi di diagnosi sono stati ridotti e depotenziati. E il definanziamento della Sanità, in dieci anni, ha raggiunto i 37 miliardi di euro. Con gli altri Paesi Europei che presentano percentuali rispetto al PIL di 3-4 punti superiori. La spesa per la sanità è cresciuta del 3% nel 2022 rispetto al 2021. Ma queste risorse sono tutte state impiegate per fronteggiare la pandemia che tra l’altro ha prodotto nel nostro Paese livelli di mortalità tra i più elevati in Europa. Il DEF per il triennio 2023-2025 programmato ad aprile prevede di nuovo una decrescita dello 0,6% annuo, a fronte di un atteso consistente aumento del PIL nominale. Nei programmi elettorali vi sono riferimenti alla riorganizzazione della Sanità territoriale, al potenziamento dell’organico degli operatori sanitari e al superamento delle liste di attesa. Mancano, però, proposte concrete e, soprattutto, progetti strutturati di riforma che rispondano a una logica di ‘sistema’. Il numero di posti letto di degenza ordinaria deve crescere ben oltre i 350 per 100.000 abitanti odierni fino a raggiungere almeno la media europea di 500. Anche il numero di posti letto di terapia intensiva deve superare i 14 per arrivare almeno a 20-25 ogni 100.000 abitanti”.