Medico uno, medico l’altro. Uno diventato sinonimo della medicina piegata al male assoluto. L’altro, di Giusto fra le Nazioni. Nel giorno in cui si celebra la Giornata della Memoria – 27 gennaio, giorno della liberazione dei prigionieri nel campo di sterminio di Auschwitz–Birkenau – due nomi fra mille tornano alla mente e devono essere ben chiari a chi studia le scienze mediche in nome delle quali si può fare il bene o il male.
Josef Mengele, antropologo imbevuto di quelle dottrine scientiste alla base delle teorie razziali e medico genetista, è passato alla storia come una delle epifanie del male: da capo medico del campo di Auschwitz prima e Birkenau poi, si macchiò non solo di omicidi di massa ma di sperimentazioni su esseri umani, fra cui gemelli, disabili e persone affette da nanismo.
Giovanni Borromeo è l’esatto contrario: come primario dell’Ospedale Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina di Roma fu tra gli artefici del salvataggio di decine di ebrei dai rastrellamenti e dalle persecuzioni nazifasciste. Lui e la sua equipe inventarono la “Malattia K”, un morbo inesistente la cui iniziale, ispirata al comandante delle forze tedesche in Italia, il feldmaresciallo Albert Kesserling, poteva essere equivocata con il Morbo di Koch. Accogliendo quanti più ebrei poteva al Fatebenefratelli, li esortava a tossire di continuo, in presenza di pattuglie tedesche o fasciste, per sembrare malati.
Nell’ottobre 2004, Borromeo è stato riconosciuto come Giusto fra le Nazioni.
Dopo la fine della Guerra e i suoi orrori, uno dei 12 processi paralleli a quello di Norimberga riguardò i medici che avevano praticato sperimentazioni, quasi sempre inutili, dolorose e letali, sui prigionieri nei campi di concentramento e di sterminio.
Questo processo, andato avanti otto mesi, da dicembre 1946 ad agosto 1947, è quello che ha portato alla nascita dell’etica medica che impone la centralità del paziente, il suo benessere e il consenso informato. Principi che UniCamillus si onora di insegnare quotidianamente ai suoi studenti.
Se nei secoli passati, l’etica nell’arte medica era rappresentata dal Giuramento di Ippocrate – ancora oggi in uso – la tutela del paziente non era codificata ma affidata solamente alla buona fede dei “camici bianchi” e alla capacità della comunità medica di selezionare in modo adeguato i propri membri.
All’indomani della Guerra, il Codice varato nel 1947 a Norimberga determina la nascita del consenso volontario come presupposto essenziale e, quindi, con la centralità del rispetto dei diritti individuali delle persone considerate come capaci di scelte autonome.