1 dicembre, Giornata Mondiale dell’AIDS: il World AIDS Day rappresenta un momento fondamentale per ricordare le oltre 45 milioni di vite perse a causa della pandemia da HIV e per rinnovare il sostegno alle milioni di persone che oggi convivono con il virus.
«La malattia che un tempo era temuta e spesso fatale è oggi una condizione gestibile grazie alla terapia antiretrovirale. È un risultato straordinario, che ha permesso di salvare un numero incalcolabile di vite» spiega il Prof. Daniele Armenia, docente di Virologia presso UniCamillus – International University of Medical Sciences.
Tuttavia, l’HIV resta un’infezione incurabile e, in assenza di un vaccino efficace, «dobbiamo mantenere alta l’attenzione su prevenzione, diagnosi precoce e accesso alle cure» avverte il docente.
«A livello globale, il virus continua a provocare oltre 700.000 decessi l’anno, inclusi circa 60.000 bambini – continua il virologo – In Italia, la situazione è sotto controllo, ma la riduzione delle nuove diagnosi ha subito una battuta d’arresto: dopo il calo da 4.500 casi nel 2012 a circa 1.500 nel 2020, si è registrato un nuovo incremento fino al 2023, con stabilizzazione nel 2024. Nell’ultimo anno sono state segnalate 2.379 nuove diagnosi, e circa 150.000 persone vivono con HIV nel nostro Paese».
Il dato più preoccupante riguarda le diagnosi tardive. «Nel 2024, quasi la metà dei nuovi casi è stata identificata solo in presenza di sintomi legati all’immunodepressione – sottolinea il Prof. Armenia – mentre solo un quinto delle persone ha effettuato il test a seguito di comportamenti sessuali a rischio. Questo significa che molte persone non percepiscono il rischio e, senza saperlo, possono trasmettere il virus».
L’ignoranza, continua il docente, resta «uno dei motori principali della diffusione dell’HIV. È frustrante, perché oggi abbiamo strumenti di prevenzione efficacissimi». Per questo motivo, «è necessario rafforzare le campagne informative e superare i tabù che ancora ostacolano una vera educazione sessuale».
Oggi esistono strumenti potenti, «come la profilassi pre-esposizione (PrEP), che permette di prevenire l’infezione nelle persone più esposte. Per averla è necessario rivolgersi a un medico specialista, che valuterà l’idoneità al trattamento e ne seguirà la prescrizione e il monitoraggio». Oltre alla profilassi pre-esposizione, oggi esiste anche la profilassi post-esposizione (PEP), un trattamento che può prevenire l’infezione da HIV se iniziato entro 72 ore da un contatto a rischio. Anche in questo caso, è fondamentale rivolgersi subito a un medico o a un pronto soccorso, che valuterà la necessità della terapia e ne seguirà il percorso.
Tuttavia, per accedere a queste risorse, è fondamentale che ciascuno possa vivere la propria sessualità in modo consapevole, «senza paure o stigma, e conoscendo le possibilità concrete per proteggere la propria salute e quella degli altri», evidenzia Armenia.
«In UniCamillus lavoriamo ogni giorno per formare professionisti preparati sull’HIV e sulle principali malattie infettive, con percorsi didattici e attività di ricerca che mettono al centro prevenzione, diagnosi precoce e lotta allo stigma. È un impegno che portiamo avanti da anni e che continueremo a rafforzare: abbiamo la responsabilità di preparare i medici e gli operatori sanitari di domani, offrendo loro competenze scientifiche solide, ma anche una sensibilità concreta verso la prevenzione, la diagnosi precoce, l’informazione e l’accompagnamento delle persone che vivono con HIV. Investire nella formazione significa investire nella salute pubblica: questo è il nostro impegno quotidiano» conclude il docente.



