Giornata Mondiale dell’Abbraccio: tutti gli effetti benefici di questo messaggio d’affetto

Ne abbiamo parlato con la Prof.ssa Stefania Chiappini, Docente di Psichiatria presso l’Università UniCamillus

In inverno fa freddo? Abbracciamoci di più! Tuttavia, oltre che riscaldare il corpo, un abbraccio riscalda prima di tutto l’animo. E non si tratta di una frase fatta, bensì di una rivelazione con tanto di base scientifica.

Il 21 gennaio cade la Giornata Mondiale dell’Abbraccio, che ci invita a riflettere sui benefici di questo semplice gesto, seppur sempre più raro.

Precisamente, il National Hugging Day è nato nel 1986 a Clio, Michigan, grazie all’iniziativa di Kevin Zaborney. Il reverendo Zaborney, consapevole della tristezza che caratterizza questo periodo dell’anno, tra festività finite e clima freddo, ha voluto istituire una giornata che fosse un invito a colmare con affetto il vuoto emotivo di tante persone.

I benefici psicologici e fisici dell’abbraccio

Mente sana in corpo sano, e l’abbraccio soddisfa entrambi! Rappresenta infatti un potente strumento di miglioramento della salute psicologica e fisica, apportando numerosi benefici. «Un abbraccio provoca una serie di reazioni chimiche e ormonali nel cervello che favoriscono benessere, connessione sociale e riduzione dello stress» conferma la Prof.ssa Stefania Chiappini, Docente di Psichiatria presso l’Università UniCamillus

Di seguito, alcuni degli effetti positivi di un abbraccio.

  • Miglioramento dell’umore. «Gli abbracci possono aumentare i livelli di serotonina, contribuendo a migliorare l’umore e ridurre i sintomi della depressione» spiega la Chiappini. La serotonina è un neurotrasmettitore noto per  favorire il rilassamento e regolare l’ansia: un abbraccio aumenta la sensazione di benessere e felicità, grazie al coinvolgimento di neurochimici che riducono la percezione della tristezza e delle emozioni negative.
  • Riduzione dell’ansia. «Il contatto fisico che accompagna un abbraccio stimola il rilascio di ossitocina, l’ormone dell’amore e della connessione sociale, favorendo un senso di fiducia e legame emotivo, soprattutto tra partner, genitori e figli» continua la Chiappini. L’ossitocina riduce la frequenza cardiaca e il livello di stress, abbassando la produzione di cortisolo: questo aiuta a ridurre l’ansia, la tensione e la percezione di dolore, promuovendo uno stato di rilassamento e tranquillità. Ma non solo: gli abbracci stimolano anche il rilascio di endorfine, «che agiscono come analgesici naturali», aumentano l’attività del sistema GABAergico, «contribuendo a un effetto calmante e rilassante sul sistema nervoso», e possono attivare il sistema di ricompensa nel cervello, «aumentando i livelli di dopamina, associata a meccanismi di piacere e gratificazione».
  • Incremento dell’autostima. Il contatto affettuoso durante un abbraccio attiva la risposta empatica, creando una sensazione di vicinanza e accettazione. Questo messaggio fisico di cura e di affetto aumenta il senso di autoefficacia e autostima, creando una connessione emozionale che favorisce una percezione positiva di sé e delle proprie capacità.

Se gli adulti, razionali e difesi, possono avere qualche titubanza nei confronti della vicinanza sociale, l’immediatezza dei bambini li rende dei soggetti che possono ulteriormente beneficiare di questa manifestazione d’amore. Parlando di ciò, come non menzionare gli abbracci materni

L’abbraccio della madre riveste un’importanza fondamentale nello sviluppo del bambino, poiché favorisce un legame affettivo profondo e offre sicurezza psicologica. La canguro-terapia (Kangaroo Mother Care, KMC) è una pratica terapeutica che sfrutta i benefici del contatto pelle a pelle tra il neonato e la genitrice, simile a come i canguri portano i loro cuccioli nel marsupio. Questa terapia ha numerosi effetti positivi scientificamente documentati. Innanzitutto, il contatto pelle a pelle stabilizza la temperatura corporea del neonato, fondamentale soprattutto per i nati prematuri. Inoltre, la canguro-terapia stimola lo sviluppo neurologico e cognitivo del bambino, migliorando le capacità motorie e cognitive. Il contatto diretto con la pelle riduce i livelli di stress nel neonato, abbassando i livelli di cortisolo e favorendo uno stato di rilassamento, che è cruciale per il benessere emotivo. Inoltre, contribuisce a un miglioramento della qualità del sonno, poiché il calore e la sicurezza derivanti dal contatto fisico favoriscono un riposo più profondo. 

Questo approccio ha effetti favorevoli non solo nell’immediato, ma anche nella strutturazione a lungo termine delle percezioni del piccolo riguardo al mondo e a se stesso. 

Cosa succede in caso di “carenza di abbracci”?

L’assenza di abbracci e, più in generale, di contatto fisico può avere effetti profondi sulla salute mentale, evidenziando quanto la comunicazione fisica sia essenziale per il nostro benessere emotivo e psicologico, regolando lo stress e promuovendo la stabilità emotiva. «L’assenza di contatto fisico può portare a un aumento dei livelli di cortisolo (ormone dello stress), causando ansia e tensione», afferma l’esperta. 

Il contatto fisico, inoltre, è indice di una connessione emotiva con gli altri e, se c’è un vuoto in questo senso, potrebbe essere sintomo di solitudine e di una scarsa rete sociale: questo può portare alla depressione o, nel caso degli anziani, può predisporre a un declino cognitivo. «Gli abbracci aiutano a regolare le emozioni, riducendo il rischio di esplosioni emotive o sentimenti di sopraffazione».

Tuttavia, non per tutti il contatto fisico è sempre benefico. «L’abbraccio può essere controproducente in persone che hanno vissuto traumi, in particolare legati al corpo: in questi casi possono percepirlo come intrusivo o minaccioso» spiega la Chiappini. In situazioni di questo tipo, c’è il rischio che il contatto risulti sgradevole, attivando ricordi dolorosi e risposte di difesa come fuga, lotta o blocco: questo dimostra l’importanza di un approccio rispettoso verso i confini altrui, soprattutto in contesti delicati.

Infine, alcune persone tendono a mantenere una distanza fisica maggiore, per natura o cultura. «Una maggiore ritrosia non è necessariamente dannosa, ma può influenzare la vita emotiva se impedisce il soddisfacimento dei bisogni sociali» osserva l’esperta. Fattori culturali, esperienze personali e bisogni emotivi specifici determinano quanto questa distanza possa essere compatibile con una vita relazionale sana.