La stitichezza (anche detta stipsi) è uno dei disturbi gastrointestinali più comuni. Spesso, però, viene sottovalutata e accantonata come disagio di serie B. A volte, questo atteggiamento superficiale può portare a conseguenze ben peggiori. Ma di cosa si tratta esattamente? La stitichezza si manifesta con un rallentamento del transito intestinale e con difficoltà nell’evacuazione, facendo sì che le feci siano dure o poco frequenti. È un fastidio passeggero? Se si tratta di stitichezza conclamata, no. Anzi, se trascurata, può influire significativamente sulla qualità della vita, provocando gonfiore, dolore addominale, senso di pesantezza e, nei casi più gravi, complicanze come emorroidi, fecalomi o occlusioni intestinali.
Secondo il Prof. Loreto Nemi, Nutrizionista e Docente presso l’Università UniCamillus, «la stitichezza colpisce circa il 15% della popolazione generale, con una prevalenza maggiore nelle donne, negli anziani e in chi conduce una vita sedentaria. È più frequente anche durante la gravidanza, nei periodi di forte stress o a seguito di diete sbilanciate, povere di fibre e acqua».
Il disturbo può avere cause molto diverse: dalla scarsa assunzione di fibre e acqua, a uno stile di vita sedentario, fino a condizioni di stress e ansia che alterano il funzionamento dell’intestino. Per questo motivo, affrontare la stitichezza non significa solo trovare un rimedio temporaneo, ma adottare abitudini quotidiane sane e una dieta equilibrata che favoriscano la regolarità intestinale a lungo termine.
Gli alimenti amici dell’intestino
Sembra trito e ritrito, eppure è il consiglio più valido: per favorire il transito intestinale è fondamentale introdurre nella dieta cibi ricchi di fibre e acqua. «Sicuramente gli amici dell’intestino sono la verdura a foglia, gli ortaggi, la frutta fresca (soprattutto con la buccia), i legumi come fagioli, lenticchie, ceci, piselli, i cereali integrali come riso integrale, farro, orzo, pasta, semi di lino e yogurt arricchito con probiotici – spiega il Prof. Nemi – Anche gli alimenti fermentati, per esempio i crauti, o il tè kombucha possono aiutare l’intestino poiché ricchi di probiotici naturali».
Alcuni frutti, in particolare, hanno effetti naturali lassativi. «Le prugne e i kiwi sono tra i rimedi naturali più studiati per la loro efficacia nel migliorare il transito intestinale – afferma Nemi – Le prugne contengono il sorbitolo, uno zucchero che viene parzialmente assorbito dall’intestino tenue ma fermentato dalla flora batterica, svolgendo un’attività lassativa. I kiwi sono ricchi di fibra sia solubile che insolubile, ma anche di un enzima chiamato actinidina che favorisce la motilità intestinale».
Gli alimenti da limitare
Non tutti gli alimenti, ovviamente, contribuiscono al corretto funzionamento dell’intestino! Al contrario alcuni, se consumati regolarmente o in quantità eccessive, possono rallentare il transito intestinale e favorire la stitichezza. «Gli alimenti ultra-processati, poveri di fibre, i formaggi stagionati, carni rosse, dolciumi industriali, prodotti molto raffinati con la farina 00 come pane bianco o riso brillato rallentano il transito intestinale» sottolinea l’esperto.
Questi cibi, oltre a contenere pochissime fibre, sono spesso ricchi di grassi saturi, zuccheri semplici e sale, componenti che possono interferire con la motilità intestinale e alterare l’equilibrio della flora batterica intestinale, fondamentale per la digestione. I formaggi stagionati e le carni rosse, per esempio, contengono proteine e grassi che richiedono tempi più lunghi di digestione, favorendo la stipsi se non bilanciati da un’adeguata assunzione di vegetali e liquidi.
Anche i prodotti da forno realizzati con farine raffinate, come pane bianco, pasta industriale o riso brillato, mancano del rivestimento esterno dei cereali, che è la parte più ricca di fibre insolubili necessarie a stimolare il transito intestinale. I dolci industriali e gli snack confezionati, oltre ad avere effetti simili, contengono spesso additivi e zuccheri che possono alterare la composizione del microbiota, riducendo la capacità dell’intestino di funzionare regolarmente.
Limitare questi alimenti non significa privarsi di piaceri alimentari, ma fare scelte più consapevoli e bilanciate: sostituirli con cereali integrali, legumi, frutta e verdura fresche, semi e alimenti fermentati permette non solo di migliorare la regolarità intestinale, ma anche di ridurre gonfiore, sensazione di pesantezza e affaticamento digestivo, favorendo un intestino sano e attivo.
Fibre ok… ma solubili o insolubili?
Le fibre non sono tutte uguali e ognuna ha un ruolo specifico. «Le fibre solubili si sciolgono in acqua e formano un gel che rallenta la digestione e nutre i batteri intestinali – spiega Nemi – Sono presenti nella pectina delle mele, prugne e albicocche, nell’inulina di cicoria e asparagi, nei beta-glucani di orzo e avena».
Le fibre insolubili, invece, non si sciolgono in acqua e aumentano il volume delle feci, stimolando il transito intestinale. «Si trovano nei cereali integrali come frumento, segale, crusca, e nei semi come le noci. Entrambi i tipi di fibra sono essenziali per la salute intestinale».
Per chi aumenta l’apporto di fibre, tuttavia, il Prof. Nemi consiglia gradualità. «Un aumento improvviso delle fibre può causare gonfiore, gas o crampi. Per evitarli è bene introdurle gradualmente, bere molta acqua e scegliere metodi di cottura leggeri come la cottura al vapore o la lessatura».
Un approccio equilibrato, inoltre, potrebbe essere quello di combinare fibre solubili e insolubili all’interno dello stesso pasto: per esempio, una porzione di legumi (ricchi di fibre solubili) con cereali integrali e verdure crude (fonte di fibre insolubili) può stimolare la motilità intestinale senza creare fastidi, migliorando la regolarità e il benessere digestivo complessivo.
Integratori e idratazione
La domanda sorge spontanea: per essere certi di assumere abbastanza fibre, vale l’aiutino degli integratori? Ni. Gli integratori di fibre possono essere utili come supporto temporaneo, ma non sostituiscono una dieta equilibrata. «I più utilizzati sono quelli a base di fibra di psyllium (derivano dalla pianta Plantago ovata e sono ricchi di mucillagini), il glucomannano estratto dal konjac o l’inulina presente in cicoria e cipolle. Essi vanno sempre assunti con molta acqua, proprio perché hanno bisogno di un’ottima idratazione per ottenere l’effetto desiderato» afferma Nemi.
E per idratarsi? Vale la regola dei due litri di acqua al giorno come minimo. «Tisane e tè possono contribuire a raggiungere questa quota, ma solo se senza zucchero – allerta il nostro Docente – Ci sono anche i liquidi che provocano l’effetto contrario: l’alcol ha un effetto addirittura disidratante, e il caffè, se in eccesso può irritare l’intestino».
Non basta però assumere liquidi in un’unica volta: l’ideale è distribuirli lungo tutta la giornata, anche lontano dai pasti principali, in modo da mantenere le feci morbide e facilitare il transito intestinale. Frutta e verdura, ricche di acqua e fibre, contribuiscono anch’esse all’idratazione quotidiana, creando un effetto sinergico che sostiene la motilità intestinale e il benessere generale dell’apparato digerente.
Non solo tavola: le sane abitudini quotidiane
L’alimentazione è fondamentale, ma da sola non basta a garantire un intestino in salute. Esistono infatti alcune “buone pratiche” quotidiane che possono fare una grande differenza sulla regolarità. Il Prof. Nemi consiglia attività fisica regolare, svegliarsi e mangiare sempre agli stessi orari, dedicare un momento della giornata all’evacuazione senza fretta, evitare di trattenersi, e prendersi cura del proprio benessere psico-emotivo sono abitudini fondamentali.
L’attività fisica, anche moderata come una camminata di 30 minuti, stimola i muscoli addominali e favorisce la motilità intestinale, oltre a ridurre lo stress. La regolarità negli orari, sia per i pasti sia per il sonno, invia segnali chiari all’organismo e aiuta l’intestino a mantenere un ritmo stabile. Crearsi una “routine dell’evacuazione”, possibilmente al mattino, senza fretta e senza distrazioni, è un’altra abitudine che educa il corpo a riconoscere e rispettare i propri tempi fisiologici.
Ma non va trascurato l’aspetto psicologico: l’intestino è spesso definito il nostro “secondo cervello” proprio perché risponde in modo diretto agli stati emotivi. Infatti, se comunemente si associa l’ansia agli attacchi di diarrea, è meno noto che possa avere anche l’effetto opposto. «Il sistema nervoso e l’intestino sono in stretta comunicazione – conferma Nemi – In alcune persone, l’ansia può rallentare la motilità intestinale, irrigidire la muscolatura addominale e alterare il ritmo della defecazione, contribuendo alla stipsi».
L’ideale è prendersi cura del proprio equilibrio emotivo anche con tecniche di rilassamento, attività piacevoli, meditazione o semplicemente imparando a concedersi del tempo per sé.
Quando la stitichezza diventa un campanello d’allarme
La stitichezza, nella maggior parte dei casi, è un disturbo funzionale legato a cattive abitudini alimentari o a uno stile di vita sedentario. E questa è la buona notizia. Tuttavia, non sempre si tratta di un problema innocuo o passeggero: quando la stipsi si prolunga nel tempo o si accompagna a sintomi particolari, diventa un vero e proprio segnale d’allarme da non ignorare.
«Se dura da molti giorni, se è accompagnata da dolore, sanguinamento o sensazione di blocco, è pericolosa: in questi casi è importante rivolgersi al medico o all’ospedale – avverte il Prof. Nemi – Può essere sintomo di patologie più serie o portare a complicanze come emorroidi, fecalomi o occlusioni».
Il rischio principale, infatti, è che un intestino cronicamente rallentato porti a conseguenze dolorose o invalidanti: dalle emorroidi causate dallo sforzo durante l’evacuazione, alla formazione masse dure e compatte di feci che ostruiscono il retto, fino a vere e proprie occlusioni intestinali che necessitano di intervento urgente.
Ma la stipsi ostinata può anche essere il segnale di patologie più gravi, come alterazioni anatomiche dell’intestino, disfunzioni del pavimento pelvico o, nei casi più seri, tumori del colon-retto. Proprio per questo è fondamentale non sottovalutare il sintomo, soprattutto se compaiono segnali associati come sangue nelle feci, dimagrimento improvviso, dolore addominale persistente o cambiamenti drastici nelle abitudini intestinali. La soluzione, come sempre, è quella del buon senso: è necessario comunicare con il proprio medico e agire tempestivamente, per individuare precocemente la causa scatenante e trattarla nel modo più adeguato.
Se anche tu vuoi diventare un esperto di Nutrizione, ti ricordiamo che sono aperte le iscrizioni per il trasferimento al 2° anno (A.A. 2025/2026) per il CdL in Scienze della Nutrizione Umana dell’Università UniCamillus. Clicca qui per saperne di più!



