Ipertrofia prostatica benigna: una condizione comune ma spesso sottovalutata

Cause, sintomi e terapie di una condizione frequente fra gli uomini maturi. Ne parliamo con il Prof. Emiliozzi, Docente di Urologia presso l’Università UniCamillus

Il nome complesso è tutto un programma, ma l’aggettivo “benigno” ci tranquillizza. Parliamo dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB), nota anche come “adenoma prostatico”.

Come si può evincere dalla denominazione, l’IPB è un ingrossamento non canceroso della prostata, la ghiandola che produce parte del liquido seminale e che circonda il canale uretrale, attraverso il quale passano le urine. Con l’avanzare dell’età, è normale che la prostata tenda a crescere in volume, formando noduli benigni che possono comprimere l’uretra.

È una condizione molto diffusa negli uomini adulti: nel mondo, nel 2019 si sono registrati 94 milioni di casi di IPB, rispetto ai 51 milioni registrati nel 2000. L’età ha sicuramente il suo peso, considerando che circa il 45% degli uomini over 45 sviluppa un’IPB, percentuale che sale all’80% negli uomini oltre i 70 anni. In Italia, i dati sono abbastanza simili a quelli globali: oltre 6 milioni di ultracinquantenni ne sono colpiti. Il 50% degli uomini ha fra 51 e 60 anni, il 70% dei 61-70enni, per arrivare al picco del 90% negli ottantenni.


Possibili cause

Oltre alla predisposizione, «fattori come la sedentarietà e squilibri ormonali possono favorire l’iperplasia prostatica» afferma il Prof. Paolo Emiliozzi, Docente di Urologia presso l’Università UniCamillus

Infatti, un ruolo centrale nello sviluppo dell’ipertrofia prostatica benigna è giocato proprio dagli squilibri ormonali: la crescita della prostata è regolata soprattutto dagli ormoni androgeni, in particolare dal testosterone e dal suo metabolita diidrotestosterone (DHT). Quando l’equilibrio tra androgeni ed estrogeni si altera, può verificarsi un’accelerazione del processo di iperplasia. 

Un’altra componente importante riguarda, ovviamente, la predisposizione genetica: la familiarità è quindi considerata un vero e proprio fattore di rischio da non trascurare.

Come afferma l’esperto, tuttavia, anche lo stile di vita ha un peso. Una vita sedentaria, una dieta ricca di grassi animali, il sovrappeso e un consumo eccessivo di alcol sono abitudini che tendono ad aggravare il rischio di sviluppare sintomi urinari legati all’IPB. Al contrario, una dieta equilibrata e l’attività fisica costante, pur non arrestando la crescita della prostata, possono migliorare la sintomatologia e contribuire al benessere generale.

Infine, un ruolo possibile nello sviluppo dell’ipertrofia prostatica benigna è rappresentato dall’infiammazione cronica della ghiandola. Alcuni studi hanno evidenziato che processi infiammatori persistenti possono stimolare la proliferazione delle cellule prostatiche, contribuendo così all’ingrossamento della prostata. A tal proposito, una recente review pubblicata su International Journal of Urology da Inamura e colleghi (2024) sottolinea che l’infiammazione cronica può derivare da diversi fattori, tra cui squilibri ormonali, ridotta ossigenazione dei tessuti (ipossia), reflusso di urina nei dotti prostatici, risposte autoimmuni e infezioni persistenti. Questi meccanismi, combinati, creano un ambiente pro-infiammatorio che favorisce la crescita della prostata e può peggiorare i sintomi urinari nei pazienti.


Sintomi comuni

Tra i sintomi più comuni, vi sono quelli tipicamente urinari. «Il paziente si sveglia di notte per andare al bagno, il getto è diminuito e aumenta la frequenza quotidiana – spiega Emiliozzi – Inoltre, si può avvertire il bisogno impellente ed insopprimibile di urinare, e la vescica può non riuscire a svuotarsi completamente, tanto che al termine della minzione si può avere un fastidioso sgocciolamento». Questo succede perché l’ingrossamento della prostata può ostacolare il flusso urinario, irritando così il muscolo vescicale (detrusore), che è così costretto ad esercitare maggiori pressioni per espellere le urine nonostante l’ostacolo prostatico.

Occhio però, in quanto questi sintomi possono essere attribuiti anche ad altre condizioni patologiche. «Alcuni sintomi indotti dall’ostruzione possono essere dovuti più raramente ad altre cause – chiarisce il Prof. Emiliozzi – Un tumore vescicale può irritare la vescica e causare frequenza ed urgenza minzionali, anche se spesso accompagnate da sangue nelle urine. Gli stessi sintomi possono essere secondari ad un calcolo del tratto finale dell’uretere. Anche un calcolo vescicale può indurre sintomi irritativi non molto diversi. In tutti questi casi l’ecografia è dirimente».

L’IPB può avere conseguenze importanti sulla vita quotidiana, in quanto evidentemente sgradevole. «L’alzarsi spesso la notte, il bisogno di urinare con frequenza e la necessità di correre al bagno possono inficiare significativamente la qualità di vita – evidenzia Emiliozzi – Nei casi avanzati si può giungere a insufficienza renale, blocco urinario, infezioni recidivanti o calcoli vescicali, tutte condizioni che richiedono necessariamente un intervento chirurgico».


Diagnosi: esami utili e criteri di valutazione

Come affermato dal nostro esperto, i sintomi da soli non bastano a diagnosticare una IPB, considerando che potrebbero essere confusi con quelli di altre patologie. Per questo, per confermare la diagnosi, in molti casi è sufficiente una valutazione clinica accurata: visita con esplorazione rettale, analisi del PSA (Antigene Prostatico Specifico), esame delle urine ed ecografia addominale e pelvica. «L’ecografia transrettale della prostata è troppo prescritta e serve solo in casi particolari. Quando la diagnosi non è ben chiara, in pazienti selezionati può essere richiesto un esame urodinamico, che fornisce informazioni su capacità e sensibilità vescicale e sulle pressioni minzionali», aggiunge il Prof. Emiliozzi.


Trattamenti disponibili

L’IPB è una condizione cronica, ma può essere gestita con diverse strategie. Il primo step è di tipo farmacologico. «I farmaci più comunemente usati sono gli alfa-litici, che ampliano il calibro del canale uretrale intraprostatico. Tra gli effetti collaterali possono esserci calo pressorio ed eiaculazione retrograda (ossia il seme non fuoriesce al momento del piacere) – chiarisce il nostro docente – Altri farmaci, come finasteride e dutasteride, riducono del 15-20% il volume prostatico. In una bassa percentuale possono dare un disturbo erettile. Alcuni fitoterapici, come la serenoa repens, possono alleviare i sintomi. Infine si è recentemente scoperto che uno dei farmaci efficaci per la disfunzione erettile, il tadalafil, somministrato a piccole dosi tutti i giorni può migliorare la sintomatologia».

Quando i sintomi non rispondono alla terapia medica, si può ricorrere alla chirurgia mini-invasiva. «Nella maggioranza dei casi si procede con la rimozione dell’adenoma per via transuretrale, con uno strumento a fibre ottiche introdotto nel canale uretrale che utilizza un microbisturi o un laser per eliminare l’ostruzione – continua il Prof. Emiliozzi – In pazienti ad alto rischio esiste la possibilità di trattamenti ancora meno invasivi, come l’utilizzo di un getto di acqua o vapore intraprostatico, l’utilizzo di mini-protesi nel canale uretrale, o il riscaldamento del tessuto prostatico. Un’ulteriore possibilità è la chiusura per via endovascolate delle arterie che nutrono la prostata». Per prostate di volume molto grande, l’esperto ricorda che si può ricorrere all’enucleazione dell’adenoma con un laser, seguita da una riduzione in frammenti dentro la vescica, oppure all’intervento robotico con cui si rimuove l’adenoma attraverso piccoli fori nell’addome.

L’ipertrofia prostatica benigna, dunque, è una condizione abbastanza comune negli uomini con l’avanzare dell’età. Questo non implica che sia giusto normalizzarla e sottovalutarla: proprio perché esistono moltissime cure personalizzabili per tenerla sotto controllo, è importante rivolgersi ad un esperto del settore per iniziare il prima possibile un percorso terapeutico adeguato. Come sempre, la diagnosi precoce migliora la qualità di vita e previene inutili e insidiosi peggioramenti.

Il Prof. Paolo Emiliozzi insegna Urologia al III anno del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia in lingua inglese, sede di Roma