Se le nostre azioni sono state prima i nostri pensieri, è fondamentale coltivarli al meglio. E questo è possibile anche con l’alimentazione. Già, perché anche il cervello, come ogni altra parte del corpo, va nutrito per funzionare in modo ottimale. Sembra strano? E invece non lo è: tutto ciò che a noi sembra intangibile (umore, stati d’animo, obiettivi, forza di volontà) ha bisogno di macro e micronutrienti per continuare ad essere operativo nel migliore dei modi.
«Un’alimentazione equilibrata, basata su alimenti specifici, favorisce la produzione di serotonina (il cosiddetto ormone della felicità) e dopamina (il neurotrasmettitore del piacere), stabilizza i livelli di zucchero nel sangue e sostiene il microbiota intestinale» spiega il Prof. Loreto Nemi, Nutrizionista e Docente presso l’Università UniCamillus, che abbiamo consultato per muoverci meglio nei labirinti emotivi del buon cibo.
Buonumore: alimenti sì e alimenti no
Quali sono questi cibi del buonumore? «La letteratura scientifica ci conferma come una dieta ricca di vegetali freschi e poco processati, cereali integrali, legumi, frutta fresca e pesce sia associata a un maggiore benessere emotivo e a una minore incidenza di disturbi depressivi e ansiosi».
Ma non è solo una questione di macronutrienti, come proteine, carboidrati e grassi. «Sono fondamentali anche e soprattutto i micronutrienti, come vitamine, sali minerali e antiossidanti, che lavorano più in profondità sulla modulazione delle infiammazioni, del sistema immunitario e della salute in generale» spiega Nemi.
L’esperto elenca questi micronutrienti presenti in “alimenti sì” e assenti in “alimenti no”.
Il Prof. Nemi dà il via libera a:
– acidi grassi polinsaturi omega 3: presenti in pesce azzurro, noci, semi di lino e di chia, sono utilissimi per la fluidità delle membrane neuronali;
– vitamine del gruppo B: li troviamo in cereali integrali, legumi, verdura a foglia verde, e sono necessari per la sintesi dei neurotrasmettitori;
– magnesio e zinco: cibi che li contengono entrambi sono mandorle, anacardi, semi di zucca e di girasole, legumi, cereali integrali, spinaci e bietole. Si tratta di nutrienti essenziali per modulare la risposta allo stress;
– triptofano: è un precursore della serotonina, presente nelle proteine animali ma anche in cereali integrali, pasta e pane.
Attenzione invece a:
– cibi ricchi di zuccheri raffinati: dolci confezionati, snack salati, cereali da colazione zuccherati, ketchup e salse addizionate con zuccheri;
– bibite zuccherate: bibite gassate, succhi di frutta industriali, energy drink;
– grassi trans: presenti in patatine confezionate, crackers, margarine solide, creme spalmabili e cibi fritti.
«Un uso eccessivo di questi ultimi è associato a infiammazione cronica, maggiore rischio di depressione e ansia e a scarsa energia mentale» allerta Nemi. Va da sé che è meglio consumarne il meno possibile.
Il ruolo dei carboidrati
E pasta e pizza? Se di farina integrale e al netto dei condimenti possibili, non sono solo sane, ma possono essere anche dei cibi che donano felicità, per il loro indiscutibile sapore in primis, ma anche perché i carboidrati favoriscono la produzione di serotonina, il neurotrasmettitore che regola l’umore e che dona senso di benessere. Inoltre, i cibi a base di carboidrati e fibre aiutano a mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue, evitando sbalzi che possono causare irritabilità e ansia e difficoltà di concentrazione, e sono favorevoli alla salute del microbiota intestinale. «Il cervello usa il glucosio come carburante principale – precisa Nemi – Alcuni studi suggeriscono un aumento dei sintomi depressivi in chi segue regimi ipoglucidici severi». Come fare con le diete low carb e chetogeniche? «Per quanto vi siano molti studi che confermano la validità di questi paradigmi alimentari in alcune patologie come l’epilessia e alcuni disturbi neurologici, non sono l’ideale per la salute mentale proprio per il loro bassissimo tenore di carboidrati». Vige sempre la regola del buonsenso che vuole la supervisione di un nutrizionista esperto che tenga sotto controllo i parametri epatici del paziente durante una dieta con pochi carboidrati.
Digiuno intermittente? Meglio di no se si è giù di morale
Qualche domanda sorge in merito al digiuno intermittente, ossia un programma alimentare che alterna, all’interno della stessa giornata, fasce orarie di digiuno e momenti di alimentazione. Per quanto si tratti di un regime dietetico con vantaggi a livelli di regolazione del peso e salute del metabolismo, può essere frustrante restare senza cibo per troppe ore? «Questo approccio può funzionare in alcuni soggetti motivati e sani – specifica Nemi – ma in soggetti già fragili sul piano emotivo può amplificare ansia, irritabilità e pensieri ossessivi sul cibo». Meglio evitare, dunque, se si soffre di disturbi del comportamento alimentare o se si stanno vivendo difficoltà psicologiche ed emotive.
La regolarità dei pasti è importante? «Moltissimo, infatti si parla di ritmi circadiani» insiste il Prof. Nemi, sottolineando come la regolarità dell’alimentazione porti sia a livelli glicemici stabili, sia ad una corretta produzione ormonale. «In questo modo si evitano cali improvvisi di energia che possono rendere più vulnerabili allo stress, e comunque portare ad uno squilibrio metabolico». Mangiare ogni 3-4 ore in modo corretto, dunque, protegge da nervosismo, cali di attenzione e instabilità d’umore.
Comfort food: coccola o trappola?
Passiamo ora ad un argomento delicato, eppure tanto comune: il comfort food, ossia quei cibi che danno un conforto emotivo, e che spesso sono legati a ricordi familiari, tradizioni o momenti rassicuranti. In genere i comfort food sono cibi caldi, ricchi, dolci o saporiti, come pasta al forno, lasagne, crocchette, focacce, cioccolata, torte fatte in casa, gelato, biscotti. Si tratta di pietanze che stimolano la produzione di serotonina, dopamina ed endorfine. Ma sono sempre sani?
«Il comfort food ha un valore psicologico reale: il cibo è memoria, affetto consolazione – illustra il Prof. Nemi – una zuppa calda o un dolce possono dare sollievo e sicurezza. Tuttavia, se usati sistematicamente come unico strumento per gestire situazioni negative, possono instaurare un rapporto disfunzionale con il cibo». Il classico “mangiare per dimenticare”, insomma. Dunque sì ad una coccola emotiva, ma all’interno di un’alimentazione complessivamente sana, ben gestita e senza abusi di alcun genere.
Le piante adattogene: un aiuto dalla natura
Un aiuto può provenire anche dagli integratori adattogeni. Si tratta di sostanze fitoterapiche spesso usate per gestire lo stress e migliorare le performance mentali. Alcuni di essi sono il Ginseng, la Rodiola Rosea, l’Ashwagandha e l’Eleuterococco. «La loro funzione è di potenziare la risposta dell’organismo di fronte a situazioni sfidanti per mente e corpo, aiutando a modulare la secrezione di cortisolo (l’ormone dello stress) e catecolamine (sostanze che si attivano in situazioni critiche)».
Anche se sono piante naturali, possono comunque avere delle interazioni, quindi è fondamentale valutarne l’integrazione con il proprio medico, soprattutto in caso di diabete, ipertensione, problemi tiroidei e terapie farmacologiche con anticoagulanti, ansiolitici, antipertensivi e farmaci tiroidei.
Inizia a nutrire il cervello… da subito!
Un consiglio pratico dell’esperto per iniziare da domani a mangiare meglio per la propria mente e il proprio umore? «Ai miei pazienti suggerisco sempre di pensare di aggiungere piuttosto che togliere. Consumare tutti i giorni alimenti freschi, ricchi di micronutrienti e antiossidanti è fondamentale: via libera al consumo quotidiano di frutta e verdura fresca, frutta secca o semi oleosi. Ed è importante concedersi il giusto tempo per consumare con consapevolezza il pasto con calma, masticando lentamente e ascoltando i segnali di fame e sazietà del proprio corpo».



