Molto diffuso, poco conosciuto: il tumore del sistema linfatico merita attenzione, perché la diagnosi precoce è essenziale per guarire. Con un occhio di riguardo allo stato emotivo dei pazienti.
Come ogni anno dal 2004, anche questo 15 settembre corre la Giornata Mondiale per la Consapevolezza sul Linfoma, o WLAD (World Lymphoma Awareness Day).
La ricorrenza trae origine da un’iniziativa promossa dalla Lymphoma Coalition, una rete mondiale nata nel 2002 e costituita da oltre 80 gruppi di pazienti affetti da linfoma, provenienti da più di 50 Paesi diversi.
Il Rapporto Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) “I numeri del cancro in Italia 2022” indica che, nell’anno di riferimento, sono state stimate circa 14.400 nuove diagnosi di Linfomi Non Hodgkin (LNH), mentre nel 2020 si sono ammalati di Linfoma di Hodgkin (LH) 2.150 persone.
Nonostante la diffusione di questo tumore maligno, sono pochi coloro che ne conoscono davvero le caratteristiche, la manifestazione e le possibilità di cura e guarigione: da un’indagine di Elma Research, infatti, si evince che, sebbene due italiani su tre dichiarino di sapere cos’è il linfoma, il 20% non sa che si tratta di un tumore del sistema linfatico, e il 28% non sa che occorre rivolgersi a specialisti quali l’ematologo e l’oncologo. Ancora, solo il 20% sa indicare correttamente almeno tre campanelli d’allarme del linfoma, tra cui vi sono gonfiore ai linfonodi del collo, stanchezza cronica, febbre, dolore addominale, tosse e dispnea.
Eppure la consapevolezza di cosa sia il linfoma è fondamentale, innanzitutto per riconoscere subito i sintomi e quindi iniziare un trattamento tempestivo: le cure precoci possono salvare la vita, considerando che per i linfomi maligni, attualmente, esistono ottime prospettive di guarigione.
Cos’è il linfoma?
Il linfoma è un tumore maligno del sistema linfatico. Dunque, per spiegarlo al meglio, bisogna prima comprendere come funziona la struttura colpita.
Il sistema linfatico è un elemento del sistema immunitario, un complesso costituito a sua volta da midollo osseo, tonsille, timo, milza e linfonodi, tutti collegati da vasi linfatici attraverso i quali circola in tutto il corpo la linfa, ossia un liquido contenente i linfociti.
I linfociti, a loro volta, sono cellule del sangue appartenenti ai globuli bianchi, e hanno il compito di difendere l’organismo da infezioni e malattie. Si originano nel midollo osseo e si distinguono in linfociti B e T: i primi maturano nel midollo osseo e negli organi linfatici; i linfociti T, invece, si sviluppano nel timo.
È proprio in questa stretta correlazione di organi e cellule la peculiarità del linfoma che, nel “viaggio attraverso il corpo” realizzato da linfa e sangue, può diffondersi in tutto l’organismo. Nel linfoma, infatti, le cellule tumorali si sviluppano dai linfonodi, e tendono ad invadere prima i distretti linfonodali più vicini, raggiungendo man mano anche quelli più distanti.
I sintomi sono in genere i seguenti:
– gonfiore dei linfonodi di collo, ascelle o inguine
– sudorazione notturna
– febbre
– tosse
– difficoltà respiratorie
– gonfiore e dolore addominale
– stanchezza
– tendenza alle emorragie a causa dell’abbassamento delle piastrine.
Trattandosi, tuttavia, di manifestazioni riferibili anche ad altre condizioni patologiche, è necessario indagare senza allarmarsi subito.
L’iter della diagnosi prevede una visita dal medico di famiglia, che potrebbe prescrivere degli accertamenti oltre che una visita da un ematologo o un oncologo, per poi arrivare alla biopsia dei linfonodi, che è l’esame definitivo per diagnosticare la presenza di un linfoma.
Ulteriori indagini per comprenderne la tipologia, la diffusione e la stadiazione sono le analisi del sangue, la TAC, la risonanza magnetica, la radiografia del torace e la biopsia del midollo osseo.
Linfoma: Hodgkin o Non Hodgkin?
I linfomi sono distinti in due tipi: Linfoma di Hodgkin (LH) e Linfoma Non Hodgkin (NLH).
Il linfoma di Hodgkin prende il nome dal medico che, nel 1832, ne descrisse le caratteristiche. Si tratta di un tumore molto raro – il rapporto rispetto all’NLH è di 1:9 – ed è frequente fra i giovani nella fascia d’età 15-35 anni.
Dal punto di vista istopatologico, è diverso dall’NLH perché vi è la presenza di una specifica cellula gigante con due nuclei, chiamata cellula di Reed-Sternberg. Inoltre, interessa i linfociti B.
I linfomi Non Hodgkin sono quelli più diffusi: colpiscono principalmente gli over 65, possono interessare i linfociti T o B, e si suddividono in indolenti (basso grado di malignità e crescita lenta) e aggressivi (alto grado di malignità e crescita rapida).
Il linfoma di Hodgkin ha una prognosi migliore rispetto al Non Hodgkin, con una percentuale di guarigioni superiore rispetto ai numeri del Non Hodgkin.
Tuttavia, le stime sul recupero sono del tutto indicative, e dipendono sempre dai casi singoli e da quanto precocemente è stata riconosciuta la malattia.
«Il Linfoma di Hodgink, affrontato generalmente con la chemioterapia, porta ad una guarigione completa nel 70% dei casi» afferma Luigi Maria Larocca, professore ordinario di Anatomia Patologica presso i Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e in Tecniche di Laboratorio Biomedico di UniCamillus.
Tuttavia, come rassicura il Prof. Larocca, anche per il linfoma Non Hodgkin la scienza medica ha fatto enormi passi avanti. «Nel caso del linfoma Non Hodgkin a cellule B, si può utilizzare la terapia con anticorpi monoclonali: il Rituximab è una molecola che si lega alla proteina CD20 espressa dai linfociti B e, in questo modo, distrugge la cellula tumorale».
L’utilizzo del Rituximab viene affiancato alla chemioterapia, per ridurre il dosaggio dei chemiostatici, e quindi la tossicità.
«La terapia anti CD20 ha rappresentato una svolta epocale nel caso di quei linfomi che, pur essendo indolenti, in passato erano difficili da eradicare, mentre ora possono andare anche in remissione completa» spiega Larocca.
E nel caso di recidive? «In queste situazioni bisogna ricorrere ad altre forme di terapia, come farmaci specifici, trapianto autologo di midollo osseo e terapia genica – continua Larocca – Di sicuro, però, i malati di linfoma oggi hanno molte possibilità di condurre una vita normale e di superare la malattia».
I linfomi Non Hodgkin a cellule T sono invece più rari, e in genere sono quelli più aggressivi. «Uno fra questi è il linfoma T della cute, chiamato micosi fungoide – espone Larocca – I sintomi iniziali sono delle chiazze, che col tempo diventano papule, quindi noduli, fino a potersi trasformare in tumori sistemici». Tuttavia, la sua evoluzione impiega circa un decennio, e c’è tutto il tempo per controllarlo e curarlo prima che diventi insidioso.
È dunque importante riconoscere subito la malattia, perché nella maggioranza dei casi le possibilità di sopravvivenza ci sono e sono alte.
L’impatto psicologico del linfoma
Oltre alla diagnosi precoce, c’è un motivo in più per incrementare la consapevolezza pubblica nei confronti del linfoma: puntare l’attenzione anche sullo stato emotivo di chi è affetto da questa malattia, per averne cura e rispetto e per non sottovalutarne l’impatto psicologico.
Non è un caso che il messaggio della WLAD 2023 sia proprio “We Can’t Wait to Focus on our Feelings”, ossia “Non vediamo l’ora di concentrarci sui nostri sentimenti”, con tutta l’urgenza di non trascurare questo aspetto della malattia.
Un malato oncologico, infatti, può sperimentare paura della progressione della patologia o delle recidive, angoscia, ansia e senso di isolamento a causa dello stigma sociale legato al tumore. È fondamentale, dunque, tener conto di questo retroscena, per comunicare meglio con chi è affetto da linfoma, facendogli sentire appoggio e vicinanza, per comprenderlo e per donargli la forza necessaria che nasce dagli affetti più profondi, quali i familiari, il partner, gli amici.
In questi frangenti può essere importante anche parlare con uno psicoterapeuta, per riconoscere le proprie emozioni e imparare a gestirle nel modo migliore, per comunicare al meglio con la propria famiglia, e per confrontarsi con i propri figli, soprattutto se piccoli.
Un altro punto di riferimento efficace può essere quello dei gruppi di auto-aiuto con persone che stanno combattendo la stessa battaglia: non sentirsi soli è essenziale per prendere le redini delle proprie giornate, e per trarre la grinta necessaria ad affrontare la quotidianità.
Ma soprattutto è necessario focalizzarsi sulle proprie emozioni in quanto esseri umani, e non sentirsi imprigionati nella definizione di “pazienti oncologici”: il tumore è un aspetto della vita di una persona, ma non deve identificarla. Il paziente è prima di tutto un essere umano, un genitore, un figlio, un compagno, un amico, un lavoratore, un individuo con passioni, desideri, sogni e progetti.
La consapevolezza sul linfoma serve per combattere la malattia, senza perdere di vista la parte più importante della malattia stessa: l’essere vivi.