Lo sport fa bene al cuore, ma per gli atleti agonisti il rapporto con il cardiologo diventa più che fondamentale. Infatti, se la sedentarietà favorisce il sovrappeso e riduce la forza cardiaca e la capacità circolatoria, è anche vero che, a livelli intensi, lo sport può sovraccaricare il cuore. Dunque lo sport fa bene al cuore o “fino ad un certo punto”? Facciamo chiarezza con Andrea Vitali, Cardiologo dello Sport nonché docente di Fisiologia presso l’Università UniCamillus.
«Qualsiasi persona che intenda praticare sport, a livello agonistico e non, dovrebbe eseguire uno screening cardiovascolare – spiega Vitali – Questo vale non solo per chi si avvicina allo sport per la prima volta, ma anche per chi si definisce un “vecchio sportivo navigato”, spesso sedentario da anni e inconsapevole dei cambiamenti del proprio apparato cardiovascolare».
Se da un lato l’attività fisica ha effetti positivi su umore, peso corporeo e assetto lipidico e glicidico, dall’altro può determinare un sovraccarico di lavoro cardiaco e, in persone predisposte, uno sforzo eccessivo può provocare danni acuti o il peggioramento di un quadro clinico latente.
Sedentario e sportivo: quali rischi per la salute del cuore?
Quando si parla di rischi cardiaci, sia il sedentario che l’atleta possono essere soggetti a pericoli. «Entrambi sono a rischio, nessuno è esente – chiarisce Vitali – Il rischio cardiovascolare non è mai pari a zero, a qualsiasi età. Il sedentario ha un rischio più alto rispetto a chi svolge regolarmente almeno 30 minuti di attività fisica 5 volte alla settimana, come confermano le linee guida di riferimento. D’altra parte, anche l’atleta che si sottopone a lunghe ed estenuanti performance e che non affronta uno screening cardiovascolare adeguato, rischia un danno acuto».
Quali controlli per chi fa sport?
Prima di iniziare un’attività agonistica, per salvaguardare la salute del cuore gli step sono i seguenti:
- Gli accertamenti iniziano con una visita cardiologica (con presa visione degli esami di laboratorio) ed un elettrocardiogramma di base (a riposo).
- Successivamente si procede con uno step test (per uomini sotto i 40 anni e donne sotto i 50) o con un test ergometrico per chi supera tali soglie d’età.
- Lo step test si esegue salendo e scendendo da un gradino a un ritmo costante per un certo intervallo di tempo, e poi si misura il battito cardiaco subito dopo aver finito. Più il cuore recupera velocemente, migliore è la condizione fisica.
- Il test ergometrico permette di misurare la risposta cardiovascolare alla massima intensità di sforzo. Si svolge camminando o correndo su un tapis roulant o pedalando su una cyclette, mentre vengono monitorati battito cardiaco, pressione sanguigna e altri parametri. Aiuta a valutare la salute cardiovascolare e a rilevare eventuali problemi del cuore sotto sforzo.
- Ove richiesto, per un completo screening cardiovascolare, può essere consigliato anche un ecocardiocolorDoppler, ossia un esame ecografico che permette di visualizzare il cuore e le sue strutture. Utilizza ultrasuoni per creare un’immagine in movimento del cuore e dei vasi sanguigni. Il “color Doppler” aggiunge un’analisi del flusso sanguigno, mostrando la velocità e la direzione del sangue, utile per individuare eventuali problemi, come valvulopatie o cardiopatie strutturali.
«Se in questo iter, volto all’idoneità agonistica, subentrassero dei segni sospetti o di chiara patologia, si procederà con altri specifici esami» chiarisce Vitali.
Per ciò che riguarda gli esami di mantenimento, invece, essi includono sempre una visita cardiologica con elettrocardiogramma a riposo, accompagnata da uno step test o un test ergometrico massimale.
A proposito di attività a livello agonistico, viene spontaneo chiedersi se esistono sport più pericolosi di altri per il cuore. La risposta? Ogni disciplina ha le proprie insidie. «Alcuni sport, come le immersioni, espongono direttamente a rischio vita in caso di malore – sottolinea l’esperto – mentre quelli aerobici ad alto impegno cardiovascolare, come ciclismo e nuoto, possono impattare negativamente su chi ha patologie cardiache latenti o non diagnosticate».
Segnali d’allarme da non ignorare
Se è vero che non esistono sintomi “netti” di una patologia cardiaca, alcuni segnali non devono mai essere trascurati. «Episodi di sincope, battito irregolare sintomatico o dolore toracico durante o dopo l’esercizio fisico sono campanelli d’allarme che richiedono approfondimenti clinico-strumentali» avverte Vitali.
E se si scopre di essere affetti da una patologia cardiaca congenita o acquisita? In tal caso, c’è una buona notizia: la maggior parte delle malattie cardiovascolari non impedisce l’attività sportiva, purché sotto controllo medico. «Le patologie congenite corrette chirurgicamente o le forme semplici in assenza di aritmie significative sono spesso compatibili con lo sport – afferma Vitali – mentre per stabilire la sicurezza di ogni caso specifico sono fondamentali i già citati test ergometrico ed ecocardiocolorDoppler».
L’evento cardiaco che può destare più preoccupazione è, di sicuro, il rischio di una morte improvvisa durante uno sforzo fisico. In realtà, sembra che questo esito drammatico sia il sintomo più nefasto di patologie cardiache già esistenti ma mai diagnosticate. «Nella maggior parte dei casi, una corretta prevenzione e un adeguato screening cardiovascolare riducono il rischio – rassicura Vitali – Tuttavia, particolare attenzione deve essere posta nei giovani, per riconoscere anomalie coronariche, cardiomiopatie o canalopatie, tutte condizioni associate a un aumento del rischio di morte improvvisa. Un elettrocardiogramma di base può essere il primo step per riconoscere dei campanelli d’allarme, ma non sempre è sufficiente: in alcuni casi, servono esami più approfonditi come test genetici o risonanza magnetica cardiaca».