Negli ultimi anni, la scienza ha posto sempre più attenzione al ruolo della nutrizione nella prevenzione e nella gestione delle malattie neurologiche. Tra i regimi alimentari studiati, la dieta mediterranea emerge come una delle più promettenti per la salute del cervello: caratterizzata da un ampio consumo di frutta, verdura, cereali integrali, legumi, pesce e olio d’oliva, questa dieta si è rivelata un potente strumento di protezione anche contro il declino cognitivo e le patologie neurodegenerative. Queste caratteristiche hanno fatto sì che, nel 2010, la dieta mediterranea fosse riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
Tuttavia, anche attualmente proseguono le ricerche scientifiche su questo regime alimentare, confermando e scoprendo i mille benefici di cui giovare: numerosi studi recenti hanno evidenziato come l’aderenza alla dieta mediterranea possa ridurre significativamente il rischio di sviluppare malattie come l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi multipla. Una meta-analisi pubblicata nel 2025 su GeroScience ha confermato che seguire questo stile alimentare contribuisce a preservare la funzione cognitiva e a rallentare i processi neurodegenerativi. Allo stesso modo, studi su Neurology e Nature Communications suggeriscono che la dieta mediterranea possa ridurre la presenza di biomarcatori dell’Alzheimer e diminuire le probabilità di sviluppare la sclerosi multipla. Anche per il Parkinson, la ricerca scientifica sta mostrando risultati incoraggianti: secondo uno studio pubblicato nel 2022 , la dieta mediterranea è in grado di modulare l’insorgenza e la progressione del Parkinson.
Ma quali sono i meccanismi alla base di questi effetti positivi? Quale impatto può avere l’adozione della dieta mediterranea nella popolazione anziana e, più in generale, quanto è importante iniziare a seguirla fin dalla giovane età? Per approfondire questi temi e comprendere meglio il legame tra alimentazione e salute neurologica, abbiamo intervistato il Professor Nicola Veronese, Docente di Geriatria presso l’Università UniCamillus, che ha rappresentato, insieme al Prof. Gianfranco Peluso – Presidente del Corso di Laurea in Scienze della Nutrizione Umana – il nostro Ateneo presso il recente Convegno dell’Istituto Superiore della Sanità sulle Linee Guida della Dieta Mediterranea.
Come pensa che la dieta mediterranea possa influenzare lo sviluppo della malattia di Alzheimer?
«La dieta mediterranea è ampiamente riconosciuta per i suoi effetti benefici sulla salute cardiovascolare e metabolica, e negli ultimi anni, numerosi studi hanno evidenziato un’associazione positiva anche con la salute cognitiva. In particolare, si ritiene che questa dieta possa contribuire a ridurre il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer grazie alla sua ricchezza in antiossidanti, acidi grassi monoinsaturi, fibre e nutrienti antinfiammatori. Per quanto riguarda i soggetti già affetti da Alzheimer, sebbene l’efficacia clinica non sia ancora pienamente dimostrata, vi sono evidenze preliminari che suggeriscono come l’adozione di un’alimentazione mediterranea possa contribuire a rallentare il declino cognitivo e migliorare alcuni aspetti della qualità della vita nonché nel ridurre la mortalità. Tuttavia, i benefici maggiori sembrano verificarsi soprattutto in chi adotta questo regime alimentare a fini preventivi, nelle fasi precoci del decadimento cognitivo.»
Quali sono i meccanismi neuroprotettivi specifici che la dieta mediterranea esercita, e che potrebbero influire sulla prevenzione di malattie neurologiche come l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi multipla?
«I meccanismi neuroprotettivi attribuiti alla dieta mediterranea sono molteplici. Secondo me dobbiamo considerare la dieta mediterranea come un’orchestra: in tal senso, il bilanciamento tra micro e macronutrienti è la cosa più importante. In dettaglio, la dieta mediterranea contribuisce a ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione cronica sistemica, entrambi fattori coinvolti nella patogenesi di molte malattie neurodegenerative. Inoltre, la presenza di acidi grassi omega-3, derivati soprattutto dal pesce, supporta la plasticità sinaptica e la funzionalità neuronale. Altri elementi fondamentali includono i polifenoli contenuti nell’olio extravergine di oliva, frutta e verdura, i quali hanno dimostrato proprietà antinfiammatorie e antiossidanti a livello cerebrale. Vi è infine un impatto positivo sulla regolazione del metabolismo glucidico e lipidico che, a sua volta, può influenzare positivamente la salute cerebrale a lungo termine.»
Alcuni studi suggeriscono che la dieta mediterranea possa rallentare il decorso della sclerosi multipla: ha avuto modo di osservare effetti simili anche in pazienti geriatrici o ritiene che la dieta possa essere più utile nelle fasi precoci della malattia?
«Le evidenze scientifiche a sostegno di un effetto benefico della dieta mediterranea nella sclerosi multipla sono ancora in fase preliminare, ma promettenti. In particolare, alcuni studi suggeriscono un rallentamento del decorso della malattia e un miglioramento della qualità della vita nei pazienti che seguono regimi alimentari ricchi di nutrienti antinfiammatori e antiossidanti. Nei pazienti geriatrici, l’impatto risulta più difficile da misurare, anche a causa della coesistenza di altre comorbidità. Inoltre, spesso, i pazienti con sclerosi multipla arrivano fragilissimi in età avanzata. Tuttavia, penso che un’alimentazione equilibrata come quella mediterranea possa comunque favorire un miglior stato nutrizionale e una migliore risposta immunitaria, risultando utile anche nelle fasi avanzate della malattia, pur con effetti potenzialmente meno marcati rispetto alle fasi precoci.»
In che modo la dieta mediterranea potrebbe influenzare la progressione del Parkinson in pazienti anziani? Potrebbe essere considerata una terapia complementare per migliorare la qualità della vita dei pazienti?
«Premetto che gli aspetti nutrizionali nella malattia di Parkinson sono molto complessi: basti pensare alla relazione proteine/farmaci che è stata studiata per anni. La dieta mediterranea, grazie al suo contenuto elevato di composti antinfiammatori e neuroprotettivi, può rappresentare un valido supporto complementare nella gestione della malattia di Parkinson. Sebbene non esista una cura definitiva per questa patologia, un’alimentazione sana può contribuire a rallentare la progressione dei sintomi motori e non motori, migliorare la funzionalità intestinale – spesso compromessa nei pazienti – e sostenere l’equilibrio metabolico generale. Purtroppo, questi dati sono basati più sulla mia esperienza clinica che sulla letteratura, in quanto la ricerca nei pazienti affetti da malattia di Parkinson è ancora molto limitata.»
Quali sono le principali difficoltà che gli anziani possono incontrare nell’aderire alla dieta mediterranea?
«Tra le principali difficoltà che gli anziani possono incontrare vi sono problematiche legate alla masticazione, alla deglutizione, alla riduzione dell’appetito o alla presenza di patologie croniche che limitano la varietà alimentare. Inoltre, fattori sociali ed economici, come la solitudine o la difficoltà di accedere a prodotti freschi, possono ostacolare l’aderenza a uno stile alimentare mediterraneo. In tal senso, i costi per avere una buona aderenza alla dieta mediterranea sono spesso percepiti come elevati. Per combattere tutto ciò, è fondamentale promuovere programmi di educazione nutrizionale, adattare i pasti alle specifiche esigenze del singolo e, laddove possibile, favorire momenti di condivisione del pasto, che hanno anche un impatto positivo sul benessere psicologico. L’intervento di dietisti e geriatri nella pianificazione personalizzata dell’alimentazione può risultare cruciale.»
Sono all’attivo ricerche che studiano l’effetto della dieta mediterranea sulle patologie neurologiche? Ritiene che vi siano aree della ricerca che dovrebbero essere maggiormente approfondite?
«Attualmente, numerose ricerche sono in corso per approfondire l’impatto della dieta mediterranea su patologie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson e sclerosi multipla. In particolare, gli studi longitudinali di coorte e i trial clinici randomizzati stanno cercando di chiarire il ruolo preventivo e terapeutico di questa dieta. Tuttavia, vi è ancora bisogno di ulteriori approfondimenti, soprattutto in termini di meccanismi molecolari sottostanti, dosaggio degli alimenti chiave e personalizzazione dell’intervento nutrizionale in base alla fase della malattia. Sarebbe auspicabile anche un maggior coinvolgimento dei pazienti geriatrici fragili, spesso sottorappresentati negli studi clinici.»
Ritiene che sarebbe più efficace adottare la dieta mediterranea come strumento di prevenzione già in età giovane, per rallentare l’insorgenza di malattie neurodegenerative?
«Sì, l’adozione precoce della dieta mediterranea, fin dalla giovane età, rappresenta una strategia preventiva particolarmente efficace. I benefici non si limitano alla sfera cognitiva, ma si estendono alla prevenzione di patologie cardiovascolari, metaboliche e infiammatorie, che sono spesso correlate al rischio di sviluppare malattie neurodegenerative. Un’alimentazione sana, associata a uno stile di vita attivo, può contribuire a preservare l’integrità neuronale, migliorare la riserva cognitiva e rallentare i processi neurodegenerativi legati all’invecchiamento cerebrale. La prevenzione, in questo senso, dovrebbe rappresentare una priorità delle politiche sanitarie pubbliche, già a partire dalla giovane età adulta.»