Dormi male? Occhio a questi errori che non sai di fare!

Ipersonnia, insonnia, e chi più ne ha più ne metta. Come dormire bene? Lo abbiamo chiesto al Prof. Andrea Romigi, Docente di Neurologia presso l’Università UniCamillus

Chi dorme non piglia pesci… ma nemmeno chi non dorme! Eh già, perché un buon sonno è fondamentale per essere energici e attivi durante la giornata. Non solo: un sonno di qualità è importante per il rafforzamento del sistema immunitario, la memoria, la concentrazione e la regolazione dell’umore. 

Ma il mondo di oggi è spietato: i ritmi di vita sono insostenibili, si corre di continuo, e l’ansia la fa da padrona. Non è un caso che sempre più persone abbiano problemi a dormire bene, il ché può influire negativamente sulla salute generale. Ecco perché è cruciale adottare un comportamento sano riguardo al riposo, che includa delle pratiche quotidiane.

I disturbi più comuni

Tra i disturbi legati a una cattiva igiene del sonno, uno dei più comuni è l’insonnia. «Si definisce cronica quando si verifica almeno tre volte a settimana per un periodo di tre mesi consecutivi»  spiega il Prof. Andrea Romigi, Neurologo esperto in disturbi del sonno, Neurofisiologo e Docente di Neurologia presso l’Università UniCamillus. Il messaggio è chiaro: la vera insonnia non è una semplice difficoltà temporanea a dormire, ma un vero e proprio disturbo che può compromettere seriamente la qualità della vita.

Un altro problema diffuso è rappresentato dalle apnee notturne, che colpiscono una percentuale significativa della popolazione. «Interessano il 20-25% delle persone, e sono associate a una maggiore sonnolenza diurna, quindi anche a un rischio elevato di incidenti, oltre che a patologie cardiovascolari o neurodegenerative» continua Romigi.

La “sindrome delle gambe senza riposo” è un altro disturbo che può influire sul sonno, e si chiama così perché è caratterizzata da un bisogno irresistibile di muovere le gambe: tale patologia è spesso legata a bassi livelli di ferro nel sangue o a condizioni neurologiche come il Parkinson. I pazienti con questa sindrome sperimentano un forte disagio che rende difficile il riposo, con ripercussioni significative sul sonno notturno.

Non esiste solo la mancanza di sonno, ma anche il sonno in eccesso, che apre il capitolo delle ipersonnie. «L’ipersonnia è una tendenza eccessiva a dormire durante il giorno, e può essere causata da disfunzioni del sistema cerebrale che regolano il ciclo di veglia e sonno, come nel caso della narcolessia» afferma il Prof. Romigi, facendo riferimento a una malattia neurologica che provoca episodi di sonno improvvisi e incontrollabili durante le ore diurne.

I disturbi del sonno, a loro volta, possono provocarne altri, come nel caso del legame riconosciuto tra qualità del sonno e malattie neurologiche. «Durante il sonno, il nostro cervello attiva il sistema glinfatico, che funge da “spazzino”, eliminando tossine accumulate durante la veglia – spiega l’esperto – Quando questo processo viene compromesso, aumenta il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson».

Le migliori abitudini prima di andare a dormire

L’igiene del sonno è un concetto fondamentale non solo per combattere disturbi già presenti, ma anche per prevenirli. 

Tra le buone pratiche quotidiane serali, il Prof. Romigi ci consiglia alcune semplici regole:

  • Evitare pasti abbondanti, alcolici e attività fisica intensa nelle ore serali.
  • Limitare l’uso di smartphone e tablet prima di dormire.
  • Garantire un ambiente di riposo tranquillo, silenzioso, fresco e confortevole.
  • Ridurre l’assunzione di sostanze stimolanti, come caffeina ed energy drink.

Perché ridurre l’alcol se induce sonnolenza? «Molte persone credono che gli alcolici aiutino a dormire, ma in realtà essi inducono un sonno frammentato, dunque di cattiva qualità». Occhio anche ad alcuni farmaci che possono compromettere la qualità del sonno, come i beta-bloccanti, le metilxantine e gli steroidi (come il cortisone, che dovrebbe essere assunto al mattino, in linea con il ritmo circadiano).

L’ambiente ideale per il sonno: la scienza della “comfort zone”

Per il Prof. Romigi non vi è alcun dubbio: un ambiente ottimale per il sonno deve essere poco illuminato, silenzioso e con una temperatura compresa tra i 17 e i 19 °C. «Temperature superiori ai 20 °C, soprattutto in inverno con i riscaldamenti accesi, possono disturbare il sonno – spiega – Durante la notte, infatti, il corpo riduce le richieste metaboliche e la produzione di calore: un ambiente troppo caldo interferisce con questo processo naturale».

Per ambiente “poco illuminato” si intende anche un ambiente privo di dispositivi elettronici accesi. «La luce emessa dai dispositivi inibisce la produzione naturale di melatonina, ritardando l’addormentamento. Inoltre, l’interazione continua con notifiche e messaggi stimola il cervello, mantenendolo in uno stato di allerta».

Secondo uno studio di Cajochen et al. (2005), la luce blu (ossia quella emessa dagli schermi dei dispositivi elettronici) interferisce con la produzione naturale di melatonina, l’ormone che regola il ciclo circadiano. Dunque, l’esposizione alla luce blu prima di andare a letto può ridurre la capacità del corpo di addormentarsi rapidamente, ritardando l’ingresso nelle fasi più profonde del sonno.

Infine, la qualità dell’aria è altrettanto importante: l’aria fresca, non troppo umida e con livelli adeguati di ossigeno, facilita un sonno più riposante.

Alimentazione giusta per un buon riposo

Abbiamo già accennato all’importanza di evitare cene abbondati e in orario troppo tardo, ma pensiamo anche alla qualità di ciò che mangiamo. «Alimenti ricchi di carboidrati possono favorire il sonno, a differenza di una cena prevalentemente proteica, che potrebbe essere utile per il controllo del peso ma meno per il riposo – afferma Romigi –  Tisane e pratiche di rilassamento (come yoga o meditazione) possono aiutare il sonno, anche per il loro valore rituale e calmante».

Occhio invece alle bevande che contengono melatonina, vendute come “rilassanti”: la melatonina regola l’orologio biologico, ma non induce direttamente l’addormentamento, senza dimenticare che la quantità effettiva di melatonina presente nelle tisane è spesso difficile da determinare.

Le posizioni giuste per dormire bene

Ognuno di noi ha delle posizioni in cui si trova più comodo, o in cui sente di poter conciliare meglio il sonno. Tuttavia, non è detto che la posizione che ci piace di più sia quella migliore. «Da evitare la posizione supina (sulla schiena) e quella prona (sullo stomaco), perché possono causare problemi alla colonna vertebrale e a chi soffre di reflusso gastroesofageo – espone il nostro esperto – Al contrario, meglio preferire la posizione sul fianco, poiché favorisce una migliore distribuzione del peso e riduce il disagio articolare e digestivo».

Quando è il caso di consultare un esperto?

Nonostante i benefici di una buona igiene del sonno, molti disturbi non si risolvono semplicemente con l’adozione di abitudini più sane. Le difficoltà nel dormire, inoltre, possono essere sintomi di patologie più complesse, come disfunzioni neurologiche, malattie cardiache o disturbi psichiatrici. «È consigliabile rivolgersi a un centro di medicina del sonno se il disturbo persiste per almeno tre mesi (con una frequenza di tre volte a settimana) – consiglia Romigi – La medicina del sonno è multidisciplinare e può coinvolgere specialisti come neurologi, pneumologi, otorinolaringoiatri e odontoiatri, soprattutto in caso di apnee notturne. Disturbi lievi o transitori possono essere gestiti dal medico di base».