Studio scopre che il nitisinone può combattere anche la malaria: grande svolta per la salute pubblica?

Ne parliamo con la Prof.ssa Annalisa Bruno, Docente dell’Università UniCamillus

Il nitisinone, farmaco usato per trattare malattie rare (come la tirosinemia di tipo 1 e l’alcaptonuria), ha rivelato una proprietà sorprendente: potrebbe uccidere le zanzare, in particolare quelle che diffondono la malaria. La scoperta, pubblicata su Science Translational Medicine, potrebbe rappresentare un nuovo strumento nella lotta contro questa malattia mortale, che continua a colpire milioni di persone nel mondo.


Nitisinone: cos’è e perché è letale per le zanzare

Il nitisinone è un farmaco usato per trattare malattie genetiche rare che impediscono al corpo di metabolizzare correttamente la tirosina, un amminoacido: in queste malattie, l’accumulo di sostanze tossiche danneggia organi fondamentali come il fegato. Il nitisinone blocca un enzima chiave, impedendo tale accumulo e proteggendo la salute dei pazienti. Ma quello che i ricercatori hanno scoperto è che il farmaco ha un altro effetto, del tutto inaspettato: è mortale per le zanzare. Le zanzare, come le Anopheles gambiae – la specie che trasmette la malaria – succhiano il sangue da esseri umani che hanno ricevuto il farmaco. Una volta nel loro corpo, il nitisinone blocca lo stesso enzima che blocca nel corpo umano, impedendo alla zanzara di digerire il sangue correttamente. Il risultato? La zanzara muore rapidamente. Questo effetto è stato osservato anche su zanzare adulte e su quelle che hanno sviluppato resistenza agli insetticidi tradizionali.

La malaria è una delle malattie più gravi al mondo, causando centinaia di migliaia di morti ogni anno, soprattutto in Africa. Attualmente, i farmaci come l’ivermectina vengono usati per ridurre la durata della vita delle zanzare, ma hanno dei limiti, tra cui il rischio di creare resistenza nei parassiti e di essere tossici per l’ambiente. Il nitisinone, d’altra parte, ha un’efficacia più duratura e potrebbe rappresentare una soluzione più sicura e a lungo termine. Inoltre, potrebbe essere combinato con l’ivermectina in alcune aree per massimizzare l’efficacia nel controllo delle zanzare, in particolare in quelle zone dove l’ivermectina non funziona più a causa della resistenza.


Il futuro del nitisinone? Ne parliamo con la Prof.ssa Bruno

Gli scienziati stanno ora preparando esperimenti sul campo per determinare la dose giusta di nitisinone che possa essere usata in modo efficace senza causare danni alle persone: questo potrebbe diventare un nuovo strumento nel controllo della malaria, offrendo un’opzione a basso costo e sostenibile. In futuro, il nitisinone potrebbe davvero fare la differenza nella lotta contro le malattie trasmesse dalle zanzare. 

Per farci un’idea più chiara di tutto ciò, abbiamo parlato con la Prof.ssa Annalisa Bruno, Docente di Farmacologia presso l’Università UniCamillus.


Il nitisinone agisce nelle persone e nelle zanzare inibendo l’HPPD. Nel caso delle zanzare, però, è letale. Qual è la differenza di meccanismo?

«Il nitisinone è un inibitore competitivo dell’enzima 4-idrossifenilpiruvato diossigenasi (HPPD), coinvolto nel metabolismo della tirosina. È usato terapeuticamente nei pazienti affetti da tirosinemia ereditaria di tipo 1 (HT-1) e da alcaptonuria (AKU).  In queste malattie genetiche rare, la carenza di enzimi coinvolti nelle fasi finali del processo metabolico della tirosina determina l’accumulo di metaboliti tossici responsabili delle manifestazioni cliniche di queste malattie, inclusi danni renali ed epatici. Il trattamento con il nitisinone, inibendo l’HPPD, un enzima della via metabolica della tirosina, impedisce l’accumulo dei suoi metaboliti tossici a valle, aumentando però i livelli circolanti di tirosina. 

Nell’uomo, l’inibizione dell’HPPD da parte del nitisinone è tollerata perché l’accumulo di tirosina può essere gestito con una dieta a basso contenuto di tirosina/fenilalanina e la via metabolica della tirosina può essere controllata e monitorata clinicamente.

Le zanzare non hanno un modo efficace per smaltire l’eccesso di tirosina accumulato, pertanto, quando si nutrono di sangue contenente nitisinone, l’inibizione dell’enzima HPPD causa un accumulo tossico di tirosina provocando danni letali ai tessuti, paralisi e morte.» 


Il nitisinone pare essere innocuo per l’essere umano. Quali sono gli effetti collaterali conosciuti?

«Le informazioni disponibili riguardo alla sicurezza del nitisinone non sono del tutto chiare a causa della rarità delle patologie genetiche per cui è indicato (HT-1 e AKU), che comportano coorti di pazienti di dimensioni ridotte. Il nitisinone è autorizzato per l’uso nei neonati e nei bambini piccoli. Ad oggi, non sono stati documentati eventi avversi durante la gravidanza. L’incremento delle concentrazioni sieriche di tirosina può indurre effetti avversi a livello oculare, come cheratopatia, congiuntivite, opacità corneale e dolore oculare. Altre reazioni avverse comuni includono trombocitopenia, leucopenia e granulocitopenia. Inoltre, infezioni, cefalea e deficit cognitivo sono stati segnalati con un’incidenza superiore nei pazienti trattati con nitisinone rispetto a quelli non trattati. Gli effetti sistemici dell’accumulo cronico di tirosina su altri tessuti e organi principali restano tuttora sconosciuti.»


Quali potrebbero essere i passi successivi in questa sperimentazione? 

«I risultati di questa sperimentazione suggeriscono che l’azione letale del nitisinone per le zanzare Anopheles (che trasmettono il parassita Plasmodium, responsabile della malaria) potrebbe rappresentare una valida strategia di intervento per prevenire la trasmissione della malattia. Ulteriori sviluppi nell’ambito di questa sperimentazione dovrebbero riguardare un’ulteriore valutazione del profilo di sicurezza del farmaco, in particolare in soggetti sani. Questo è fondamentale per definire un adeguato schema di somministrazione del farmaco. Inoltre, i suoi effetti letali dovrebbero essere testati su altri insetti ematofagici che agiscono come vettori di agenti patogeni per l’uomo: questo consentirebbe il riposizionamento del nitisinone per il controllo di diverse patologie trasmesse dalle zanzare, riducendo il costo del farmaco e aumentandone così anche la sua disponibilità per il trattamento di malattie genetiche rare.»


Quindi, oltre alla malaria, il nitisinone potrebbe essere utilizzato anche per il controllo di altre malattie trasmesse da insetti, come nel caso di Dengue o Zika?

«L’accumulo di tirosina nei tessuti delle zanzare, causato dall’inibizione dell’enzima HPPD, porta alla morte dell’insetto, rendendo il nitisinone un candidato interessante per il controllo della popolazione di zanzare. Questo approccio potrebbe potenzialmente ridurre anche la trasmissione di infezioni virali come Dengue, Zika e Chikungunya, tutte veicolate dalle zanzare, in particolare dalla specie Aedes aegypti. L’azione letale del nitisinone per le zanzare potrebbe quindi essere utilizzata per ridurre la popolazione di vettori e, di conseguenza, abbassare la probabilità di trasmissione dei virus.»


Crede che si possa pensare ad un uso su larga scala, o ci sono pazienti che non possono assumerlo?

«Considerato che le problematiche legate alla sicurezza farmacologica restano ancora da chiarire, l’uso di nitisinone richiede il monitoraggio dei livelli circolanti di tirosina per controllare gli effetti tossici legati al suo accumulo. È raccomandato anche il controllo della conta piastrinica e leucocitaria a causa del rischio di trombocitopenia e leucopenia, il ché potrebbe limitare l’uso su larga scala del farmaco. Inoltre, per contenere l’aumento dei livelli di tirosina associati all’inibizione dell’enzima HPPD, è necessaria una dieta a basso contenuto proteico durante la terapia con nitisinone. Questo potrebbe rappresentare un’ulteriore criticità per l’utilizzo su larga scala, in particolare nei contesti endemici per la malaria. In condizioni che richiedono un elevato apporto proteico – come nei soggetti in crescita rapida o negli sportivi – la dieta ipoproteica necessaria potrebbe essere difficile da attuare, con impatto sulla qualità della vita o sull’efficacia della terapia.»